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Cattolicesimo, libertà e pubblica felicità: l’attualità di Rosmini dal passato a oggi

 di Markus Krienke* in www.catt.ch

Mentre molti sanno che Antonio Rosmini (1797-1855) pubblicò la sua opera più famosa – le Cinque piaghe della Santa Chiesa – nel 1848 a Lugano presso la casa editrice Veladini, è quasi scomparso dalla memoria collettiva il grande contributo che i rosminiani, cioè l’ordine fondato da lui a Domodossola nel 1828, hanno dato alla cultura ticinese tramite la gestione di scuole, la presenza delle suore rosminiane, e alcuni insegnanti emblematici che si sono ispirati a questo grande pensatore tra l’800 e il ’900. E come si impegnava per una conciliazione tra Chiesa e Stato moderno per salvare la cultura cattolica nel Risorgimento italiano, così elaborò e propose le sue idee per una pacificazione confessionale della Svizzera dopo le guerre del Sonderbund.

Ma non solo biograficamente, questo grande pensatore nato a Rovereto e morto a Stresa in presenza del suo amico, «poeta del cuor suo» Manzoni, è strettamente connesso al nostro Cantone: la sua eredità culturale ha contribuito alla conciliazione tra l’eredità cattolica e le libertà moderne che trovano nella dignità della persona e i suoi diritti fondamentali, nei doveri di reciproco rispetto dei cittadini, nella libera concorrenza e l’istituzione della famiglia, nonché nell’indispensabile contributo della Chiesa e delle comunità religiose alla vita pubblica e alla solidarietà, dei punti di riferimento indispensabili per l’articolazione positiva della libertà nella società moderna. Temi su cui riflettere senz’altro in un’epoca segnata dall’individualismo, dal consumismo e dal populismo, cioè dalla separazione della «libertà» dalla «responsabilità» individuale: sono fenomeni che indeboliscono sempre di più i presupposti della «pubblica felicità» come è intitolato non a caso una delle opere di maggiore importanza (di L.A. Muratori, 1749) che segna il passaggio dalla politica monarchica dell’«ancien régime» all’etica pubblica moderna e che ha influito maggiormente sul pensiero di Rosmini. Quali sono i presupposti rosminiani e come si lascerebbero realizzare oggi? Non è certamente facile tentare una risposta in un’epoca non solo dell’avanzamento degli autoritarismi e dei nuovi fondamentalismi religiosi, ma in cui il consenso stesso sulla libertà si erode sempre di più di fronte alle crescenti disuguaglianze sociali e all’intolleranza «in nome della tolleranza» sempre più praticata, fino a fenomeni di «cancel culture». Molti riflettono apertamente sul dubbio se le nostre democrazie e i liberi mercati non siano piuttosto diventati minacce che garanzie per la libertà, e certamente con l’avanzamento delle nuove tecnologie questo «sospetto» trova ulteriore rafforzamento. Pertanto urge una riflessione su che cosa significa «essere liberi» e la consapevolezza che questa domanda è il presupposto per la «pubblica felicità»: riflessione identica a quella di Rosmini... per cui la «Cattedra Rosmini» della Facoltà di Teologia di Lugano ha organizzato  il convegno del 13-14 giugno tra Consolato italiano e Università della Svizzera italiana.

Direttore della Cattedra Rosmini della FTL

Notizie Rosminiane 5 (Video)

1. Festa di San Giuseppe

2. Visita agli ascritti (Sicilia)

3. Incontri in Venezuela

4. Gruppo di preghiera Ratcliffe

5. Celebrazione dell´Inno Akàtatistos

6. Incontro mensile degli ascritti e amici di Rosmini.

7. Incontro Famiglia Rosminiana

Rosmini Days: una settimana di incontri dedicata ad Antonio Rosmini


Torna l’appuntamento con i Rosmini Days, la settimana di approfondimento dedicata alla figura di Antonio Rosmini (1797-1855), in occasione del 226 ° compleanno del filosofo e teologo roveretano, beatificato da Papa Benedetto XVI nel 2007.
“I Rosmini Days rappresentano ormai un appuntamento consolidato nel calendario culturale di Rovereto.” – ha commentato il professore Paolo Marangon, vice-direttore del Centro di Studi e Ricerche “Antonio Rosmini” – “L’obiettivo è quello di divulgare e far conoscere la modernità della figura e del pensiero di Antonio Rosmini. Gli eventi previsti per questa ottava edizione permettono di incontrare il grande filosofo roveretano secondo linguaggi differenti – dai concerti alle lezioni, dalle visite guidate alle presentazioni di libri – in modo da coinvolgere tutta la cittadinanza“.
Il ricercatore Paolo Bonafede, segretario del Centro Studi, ha aggiunto: “Questa iniziativa è una vera e propria occasione per conoscere e valorizzare il patrimonio storico-culturale locale. In questa edizione abbiamo pensato di coinvolgere con progetti differenti gli istituti scolastici del territorio di ogni ordine e grado, e la risposta è stata estremamente positiva. Questo è il segno che la lezione di Rosmini non è tramontata, e ha tanto da offrire alle nuove generazioni. Il merito di questo coinvolgimento e della generosa offerta di quest’anno è da attribuire alla sinergia tra gli enti promotori in fase di progettazione e alla sintonia maturata tra le istituzioni e le diverse associazioni del territorio coinvolte”. L’edizione 2023 propone una serie di manifestazioni che si svolgeranno dal 23 al 30 marzo con l’obiettivo di favorire un accostamento accessibile ma rigoroso alla vita e al pensiero di Rosmini e di comprendere la sua durevole influenza sulla vita culturale di Rovereto e del Trentino.
I destinatari dell’iniziativa sono anzitutto gli abitanti della città, nella varietà dei loro orientamenti religiosi e culturali. Per tutti Antonio Rosmini, pensatore di respiro universale e di fama internazionale, può costituire un punto di riferimento comune, una radice culturale che continua ad alimentare l’identità e il senso di appartenenza alla città di Rovereto in un tempo di grandi cambiamenti.
Anche quest’anno il Comitato Scientifico e organizzativo, composto da Cristina Azzolini, Paolo Bonafede, Eleonora Bressa, Cosimo Colazzo, Paolo Marangon, Vito Nardin, Patricia Salomoni, Damiano Simoncelli e Chiara Tamanini, ha messo in campo un calendario di appuntamenti che alterna appuntamenti di ricerca e approfondimento sulla figura di Antonio Rosmini, a momenti dedicati all’arte e alla musica, per poter diffondere in modo trasversale la conoscenza sulla figura di un uomo che ha saputo influenzare, con il suo pensiero, la cultura occidentale. La giornata di apertura, il 23 marzo, prevede al mattino una lezione rivolta agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado che si svolgerà presso IPRASE e con classi collegate a distanza. Il professor Paolo Pagani, ordinario di Filosofia Morale all’Università Cà Foscari di Venezia, approfondirà il tema “Filosofi di fronte alla domanda: cos’è la libertà?”. Alle 17.30, presso la casa natale di Antonio Rosmini, l’appuntamento è con la Lectio Magistralis, tenuta sempre dal professor Pagani e presieduta dal professor Michele Nicoletti dell’Università di Trento. Oggetto della discussione sarà la questione: “Libertà e infinito in Rosmini”.
Venerdì 24 marzo, alle 18, presso la Chiesa della Madonna di Loreto, il Coro Liturgico “Beato Antonio Rosmini”, diretto dal Maestro Giuliano Gardumi, eseguirà i Primi Vespri nella solennità dell’Annunciazione del Signore. Alle 20.30, presso la Sala Filarmonica, si terrà il Concerto dedicato ad Antonio Rosmini, che vedrà protagonisti gli studenti della Civica Scuola Musicale “R. Zandonai” di Rovereto e le musiche degli studenti compositori del Conservatorio di musica “F.A Bonporti” di Trento, guidati dal professore Cosimo Colazzo. Sabato 25 marzo alle 10.30 l’appuntamento è con la visita tematica alla casa natale di Antonio Rosmini, dedicata a Roma “tempio del vero gusto”. La guida esperta di Giuseppe Sava condurrà i presenti in un itinerario tra i dipinti e i modelli capitolini conservati nella quadreria. Alle 15.00 la visita alla casa di Rosmini sarà accompagnata dalle musiche curate dalla Civica Scuola Musicale “R.Zandonai”, che sarà nuovamente proposta domenica 26 marzo alle 10.30 e alle 15.00.
Lunedì 27 marzo, alle 17.30, nella stessa sede, ci sarà la presentazione del volume “Scritti autobiografici di Antonio Rosmini”, curato da Ludovico Maria Gadaleta (Centro internazionale di Studi Rosminiani, Stresa) e introdotto nel tema da Elena Albertini (Associazione Conventus, Rovereto).
Martedì 28 e mercoledì 29, dalle 8.30 alle 12.30 la casa natale di Antonio Rosmini ospiterà l’incontro finale del Percorso di Philosophy for Children “Pensare con Rosmini”, rivolto alle scuole primarie e secondarie di primo grado, coordinato da Sabrina Madeddu (P4C Teacher), Chiara Tamanini (formatrice IPRASE) e Paolo Bonafede (Università di Trento). Infine questa edizione dei Rosmini Days si conclude con uno sguardo al patrimonio artistico-archittetonico. Protagonista anche in questo caso il mondo della scuola. Alle 10.00, presso l’istituto Fontana, si terrà la presentazione del progetto curato dalle classi dell’ITET “F. e G. Fontana”: “Alle origini di Palazzo Fedrigotti”. L’evento si terrà sempre mercoledì 29 marzo, con la presenza delle cariche istituzionali di Rovereto. 
lavocedeltrentino.it

Filosofia. Completata l'opera omnia di Antonio Rosmini. Un'impresa lunga 50 anni

Un lavoro lungo quarantaquattro anni. È il tempo profuso per portare a termine l’Opera omnia del beato Antonio Rosmini - Serbati (1797-1855). Ora, con l’uscita (domani 24 febbraio) degli Scritti autobiografici: Diari (Città Nuova, pagine 918), l’ultimo dei sessantasei volumi dell’Opera omnia, si chiude l’impegnativa pubblicazione degli scritti in edizione nazionale e critica, iniziata sotto la supervisione di Michele Federico Sciacca (1908-1975) nel settembre del 1974 (la prima opera, vol. 38, dell’edizione nazionale Il linguaggio teologico, a cura di Antonio Quacquarelli, fu pubblicata nel 1975; è invece del 1979 la fusione tra l’edizione nazionale e l’edizione dei padri rosminiani).
«Preferisco parlare di “opera omnia”, piuttosto che di “edizione critica”, - spiega Giuseppe Lorizio, dell’Università Lateranense, fra i maggiori esperti di Rosmini - perché si tratta di un tentativo che presenta risultati non omogenei quanto a scientificità del prodotto. E per dimensione scientifica intendo attenzione filologica e storiografica, la cui qualità dipende dalla preparazione e dalle caratteristiche dei curatori dei singoli scritti e dal momento in cui sono stati pubblicati a partire dal 1979». Si tratta di un esito inevitabile, aggiunge Lorizio, «anche perché, come in più occasioni in sede di comitato scientifico sottolineò padre Umberto Muratore, nello spirito autenticamente rosminiano dell’antiperfettismo l’obiettivo era quello innanzitutto di mettere a disposizione i testi in modo che ci troviamo di fronte non a un punto di arrivo, ma a una miniera ancora aperta, dai cui ulteriori scavi si potranno trarre nuovi fecondi risultati».
Certo, oggi i grandi “minatori” scarseggiano: «Le difficoltà che i curatori hanno dovuto affrontare hanno riguardato soprattutto il reperimento delle fonti, in particolare quelle patristico-medievali, ma anche quelle moderne, per cui spesso si è gettata la spugna, evitando di indicare i testi nelle edizioni citate da Rosmini e accontentandosi di approssimativi riferimenti ai titoli delle opere pubblicate successivamente. Una scelta da un lato di comodo, dall’altro di compromesso, probabilmente inevitabile. Del resto, ci sarebbe stato bisogno di specialisti, ad esempio patrologi e medievisti, per produrre un risultato maggiormente “scientifico”». E comunque il problema, prosegue Lorizio, «ha riguardato non solo le fonti, ma i testi stessi. Mi sembra a tal proposito emblematica la vicenda dell’opera più conosciuta di Rosmini, Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, pubblicata in questa collana nel 1981, ma per la quale è stato necessario il lavoro dell’allora collega Nunzio Galantino (San Paolo 1997) per donare agli studiosi il testo nella forma ultima voluta dall’autore. Successivamente, cioè nel 1998, la seconda edizione nell’Opera omnia ha tentato di porre rimedio al problema, ma l’edizione Galantino resta a tutt’oggi quella più accreditata e autorevole». La vicenda è significativa «perché mostra il contesto dinamico in cui dobbiamo situarci, onde aprire orizzonti di ricerca e di riflessione, piuttosto che alimentare la pigrizia intellettuale di chi incautamente potrebbe dire “ormai abbiamo l’edizione critica!” per esimersi dallo scavo archivistico. Naturalmente tale lavoro sarà possibile solo nella misura in cui si dia una gestione trasparente e non autarchica del materiale d’archivio da parte di chi ne ha la responsabilità».
Gli orizzonti futuri riguarderanno innanzitutto le tematiche e la speculazione rosminiana nella sua attualissima inattualità. « La disposizione delle opere è stata improntata (assumendo indicazioni tratte dallo stesso autore) a una visione epistemologica e teoretica dei contenuti delle stesse. Oso pensare che, mentre tale tensione sistematica consegna al proprio tempo l’immane tentativo di generare un pensiero cristiano, anzi cattolico, nella modernità compiuta, un approccio genetico-diacronico, sempre comunque possibile, sarebbe più fecondo per svegliare e alimentare l’attenzione dei nostri contemporanei verso questo geniale pensatore». Dopodiché il lavoro dovrà alimentarsi: «Da un’attenzione particolare a non considerare i settori epistemici in cui si suddividono e classificano gli scritti di questa edizione come compartimenti stagni, per il semplice fatto che ad esempio la teologia e la politica risultano trasversali e determinanti anche in opere non strettamente teologiche o di filosofia politica. Questo perché il genio rifugge dagli schematismi e non solo filosofa o teologa, ma semplicemente pensa. E Dio sa quanto bisogno di pensiero vi sia nella Chiesa e nella società».
Pertanto, conclude Lorizio, «non solo gli ambienti ecclesiastici, sempre più sordi rispetto alla speculazione teologico-filosofica in quanto prevalentemente impegnati nel sociale, ma la cultura diffusa e accademica del nostro Paese dovrebbero salutare con gratitudine (e magari con opportune iniziative) il compiersi dell’impresa titanica della pubblicazione dell’Opera omnia di colui che, insieme a Vincenzo Gioberti, si può considerare il più grande teologo e filosofo italiano del XIX secolo. Non a caso, riferendosi certamente a Rosmini, la Fides et ratio, al n. 59, scriveva che nell’Ottocento cattolico “ci fu chi organizzò sintesi di così alto profilo che nulla hanno da invidiare ai grandi sistemi dell’idealismo”, aprendo così la strada al superamento della condanna e alla beatificazione».
avvenire.it

Domodossola “Pomeriggi in concerto” Primo appuntamento con il duo di viole Alto Clef il 19 febbraio in occasione della Festa della Cella, ricorrenza che celebra l’arrivo di Antonio Rosmini al Sacro Monte di Domodossola

 


Aprirà ufficialmente domenica 19 febbraio alle ore 18 la stagione artistica 2023 della Cappella Musicale del Sacro Monte Calvario. L'avvio del cartellone in occasione della Festa della Cella, celebrazione che ricorda l’arrivo di Antonio Rosmini al Calvario il 20 febbraio 1828 e la fondazione dell’Istituto della Carità.

In programma un concerto che si terrà nell’Aula Magna del Collegio Mellerio Rosmini di Domodossola, nell’ambito della rassegna Pomeriggi in concerto 2023, e che vedrà impegnato il duo di viole Alto Clef, formato da Arianna Cartini e Silvia Rossi. In programma musiche di Johann Sebastian Bach, Carl Stamitz e Wilhelm Friedemann.
Il concerto è reso possibile grazie alla sensibilità dell’Istituto della Carità dei Padri Rosminiani, della Parrocchia di Calice, della Riserva Naturale Speciale del Sacro Monte Calvario, con il patrocinio della Città di Domodossola e con il sostegno della Fondazione CRT.
Ossola News

Domodossola ha celebrato la festa della “Cella” Antonio Rosmini con il vescovo di Biella Roberto Farinella. Oggi 19 Febbraio concerto duo viole Alto Clef

E' stata la settimana dedicata alla «Festa della Cella», la celebrazione che ricorda l’arrivo del beato Antonio Rosmini al Calvario di Domodossola il 20 febbraio 1828 e la fondazione dell’Istituto della carità, quello dei padri rosminiani. Da domenica scorsa al Sacro monte Calvario è aperta la cella che ospitò l’abate Rosmini: è stata mantenuta pressoché identica come era ai tempi del filosofo e sacerdote che proprio lì scrisse alcune delle sue opere. Sabato (ieri) è stato il giorno clou delle iniziative. Alle 16 in cappella Mellerio a Domodossola proiettato il docufilm dedicato alla vita e alle opere di Rosmini. Alle 18 in collegiata  celebrata la messa solenne presieduta dal vescovo di Biella, monsignor Roberto Farinella; la funzione  concelebrata dal vicario episcopale per l’Ossola e parroco di Domo don Vincenzo Barone, dai padri rosminiani e dai sacerdoti dell’unità pastorale.

A chiudere la settimana di iniziative domenica alle 18 (oggi), nell’aula magna del collegio Mellerio Rosmini, ci sarà il concerto che vede protagoniste il duo di viole Alto Clef, formato da Arianna Cartini e Silvia Rossi. L’appuntamento è organizzato dalla Cappella musicale del Sacro monte Calvario con l’Istituto della carità e sarà il primo della rassegna «Pomeriggi in concerto 2023». In programma musiche di Bach, Stamitz e Friedemann. Il concerto è reso possibile grazie all’Istituto della Carità, alla parrocchia di Calice e alla Riserva naturale del Calvario.

lastampa.it

Calvario, celebrazioni per la festa della Cella 2023

 

I padri Rosminiani si preparano a vivere, con i fedeli domesi, la festa della Cella che ricorda l'arrivo al Calvario del Beato Antonio Rosmini.

Il 20 febbraio 1828, quell'anno mercoledì delle ceneri, Rosmini giunse al Sacro Monte di Domodossola. In quella quaresima scrisse le 'Costituzioni dell'Istituto della Carità' e avviò quell'esperienza religiosa che divenne l'Istituto della Carità dei Padri Rosminiani e successivamente le Suore della Provvidenza Rosminiane. Una data importante per i Padri, suore, ascritti e amici, e domesi per ritrovarsi insieme con diverse iniziative e celebrazioni il 20 e anche nei giorni che precedono la ricorrenza.

Da domenica 12 ci sarà l'apertura della cella del Beato Rosmini Al Sacro Monte Calvario. Per tutta la settimana Santa Messa alle 17 al Santuario del SS Crocifisso. “In questo periodo – spiega don Michele Botto - è possibile visitare la cella dalle 15 alle 17 con accesso dal Santuario”.

Sabato 18 alle 16 nell' ex cappella Mellerio a Domodossola vi sarà la proiezione del docufilm “Antonio Rosmini”. Alle 18 nella chiesa Collegiata vi sarà la messa solenne presieduta da monsignor Roberto Farinella vescovo di Biella e concelebrata dal vicario episcopale don Vincenzo Barone, dai padri rosminiani e da sacerdoti dell'Unità pastorale. Dopo la celebrazione è prevista nella sala convitto del Sacro Monte la cena (prenotazioni entro il 15 febbraio allo 0324 242010).

Domenica 19 concluderà le celebrazioni il concerto della cella nell'aula magna del Collegio Mellerio Rosmini.

ossolanews.it

3 nuovi diaconi Rosminiani ordinati a Milano

La redazione del blog si unisce in preghiera per i nuovi diaconi William, Anselmo e Camillo che hanno passato molti anni di formazione religiosa e culturale al Sacro Monte Calvario di Domodossola.






Padre Eduino Menestrina direttore del Centro Studi Internazionali rosminiani

 


Il padre rosminiano Eduino Menestrina, per il prossimo triennio 2022-2025, sarà il nuovo direttore del Centro internazionale di studi rosminiani di Stresa. Subentra dopo trentasette anni a padre Umberto Muratore, che rimane con la mansione di rettore della casa e direttore del bollettino Charitas. Menestrina è nato a Merano in Trentino nel febbraio del 1947, entrato nell’Istituto della Carità sessant’anni fa, è stato ordinato sacerdote nel 1993.

Menestrina ha ricoperto molteplici incarichi all’interno dell’Istituto della Carità, rettore, insegnante, direttore spirituale, prefetto e ministro al Collegio Rosmini di Stresa, prete assistente, vice-rettore e rettore a Rovereto, prefetto degli scolastici a Stresa, insegnante al Collegio Mellerio–Rosmini di Domodossola e all’Istituto Rosmini di Torino. E, nel 2003, preside e rettore al Collegio Rosmini di Stresa, nel 2005 Bibliotecario al Centro studi stresiano, nel 2006 formatore a Porta Latina a Roma e dopo rettore. Da ultimo ancora al Collegio Rosmini di Stresa come rettore, carica che continuerà a mantenere tutt’oggi.

«Il ruolo e il compito del direttore del centro studi – avverte padre Menestrina – è principalmente di servizio della “Carità intellettuale” e di coordinare e accogliere iniziative e proposte necessarie per la diffusione del pensiero del fondatore il beato Antonio Rosmini».

sdnovarese.it


"Festa della Cella" Beato Antonio Rosmini 2020


SACRO MONTE CALVARIO DI DOMODOSSOLA - PADRI ROSMINIANI
 FESTA “DELLA CELLA”
ANNIVERSARIO DELL’ARRIVO DEL BEATO A. ROSMINI
AL SACRO MONTE CALVARIO
20 FEBBRAIO 1828
 11-22 FEBBRAIO 2020

Martedì 11 febbraio
ore 16.30 - S. MESSA alla Grotta di Lourdes al S. Monte Calvario
Affidamento a Maria della nostra Parrocchia, del nostro Istituto e di tutti i nostri malati (in caso di cattivo tempo la celebrazione sarà nell’Oratorio dell’Addolorata.

Dal 12 al 19 febbraio
ore 16.30 - S. MESSA nell’Oratorio dell’Addolorata
Ogni giorno distingueremo la S. Messa con uno spunto di riflessione sulla spiritualità rosminiana e al termine faremo un momento di preghiera nella “Cella”.

Domenica 16 febbraio
ore 18.00 - CONCERTO “DELLA CELLA” nell'Antico Refettorio della Casa Religiosa

Dal 17 al 21 febbraio
Ritiro spirituale per i giovani Rosminiani della Comunità Formativa aperto a giovani in discernimento. Tema: “I Consigli Evangelici per vivere la pienezza della Carità tra Contemplazione e Missione”. Predica don Filippo Balducci.

Giovedì 20 febbraio
ore 11.00 - S. MESSA al S. Monte Calvario con gli studenti delle Scuole Rosminiane, preceduto da un momento formativo e di testimonianza.

Per tutto il giorno è possibile visitare la “Cella” del Beato A. Rosmini” rivolgendosi alla portineria del convento.

Sabato 22 febbraio

ore 18.00 - S. MESSA SOLENNE nella Chiesa Collegiata di Domodossola. Presiede l'Eucaristia S. Em. Rev.ma il Cardinale Severino Poletto, Arcivescovo Emerito di Torino.

La responsabilità, i limiti del potere e la lezione di Rosmini



Lo “spirito d'intelligenza”, di ispirazione rosminiana, assume i caratteri del criterio adottabile in ogni campo di azione dell'uomo, ovverosia, quale principio universale dell'agire umano. È questa la sfida fondamentale con la quale si apre il XX corso dei Simposi Rosminiani di Stresa (20-23 agosto 2019), quest'anno dedicato al tema “Legge, coscienza e libertà”, curato dal Centro Internazionale di Studi Rosminiani, diretto da Padre Umberto Muratore, e dalla Conferenza Episcopale Italiana. Tanti sono i temi proposti dal ricco programma e, come da consuetudine pluridecennale, si spazia dalla filosofia alla teologia, dal diritto all'economia e dalla politologia alla sociologia. La pluralità disciplinare delle relazioni è tenuta insieme da una ben determinata prospettiva antropologica che, alla decostruzione giuridica del concetto di persona, risponde con la visione unitaria e personalista di Antonio Rosmini, secondo il quale la persona umana è il “diritto sussistente”. A tal proposito, data la vastità e la ricchezza della proposta avanzata dagli organizzatori del simposio, mi limiterò a evidenziare un aspetto dell'opera rosminiana che ritengo importante, sia in termini di nuda e cruda attualità politica, sia in termini di eredità che Rosmini ha fornito al deposito della cultura politica del nostro Paese. Mi riferisco all'interpretazione, dapprima rosminiana e, in seguito, assunta convintamente da Luigi Sturzo, della politica come “limite al potere”. È questa, come ci ha insegnato, tra gli altri, Giovanni Sartori, la cifra della tradizione liberaldemocratica. PUBBLICITÀ inRead invented by Teads Quanto affetto Sturzo nutrisse per Rosmini e quanto fosse addolorato per la vicenda che vide il roveretano messo all'indice e perseguitato dalle gerarchie, mosse dai soliti “guardiani dell'ortodossia neotomista”, si comprende dal brano che segue, in cui il sacerdote siciliano, durante gli anni dell'esilio (1924-1946), auspica persino che il condannato Rosmini sia elevato agli onori degli altari. Scrive Sturzo: «Io prego tanto il vostro venerato fondatore ogni giorno che mi conceda di vedere l'Italia ritornata libera, senza la tirannia fascista. Lo prego per la conversione di un mio amico, e per la conversione di un professore che non conosco personalmente ma che apprezzo e stimo per diverse ragioni. Come lo vorrei sugli altari il vostro Rosmini: mi darà il Signore questa consolazione prima di morire?»; la consolazione Sturzo l'avrà, poiché Rosmini varrà proclamato beato il 18 novembre del 2007. Un tratto che esprime la prossimità dei due pensatori, al di là delle rispettive elaborazioni teoriche nel campo della teoria politica, credo risieda nel rapporto con la modernità e con le sue espressioni culturali; un rapporto ispirato all'analisi critica, senza ricorrere alle scorciatoie della scomunica e della censura, ma illuminata dalla sete cristiana di comprendere tutto ciò che è umano; perché nulla di umano ci è alieno: Scrive a tal proposito Rosmini: «sono persuaso nello stesso tempo che per gli ingegni forti e che non punto vacillano nella fede riesca a vantaggio incredibile la letture delle opere di Kant, Fichte, Schelling ed Hegel; innalzano veramente lo spirito». Come ha avuto modo di osservare Mario D'Addio, Rosmini insegnò a Sturzo che bisognava rigettare ogni possibile tentazione di negare legittimità all'avversario politico, ricorrendo all'argomento della persecuzione religiosa, alla condanna di eresia, alla censura nei confronti della società moderna. Al contrario, proprio in sintonia con il metodo rosminiano, si sarebbero dovute incrementare le ragioni del dialogo e della cooperazione tra la Chiesa e il mondo e così promuovere un profondo rinnovamento della cultura cattolica, posta di fronte alle sfide di una società in profonda trasformazione. Credo che buona parte del pensiero politico sturziano: la sua visione dinamica della società e l'affermazione della “lotta come il principio del progresso sociale”, la sua idea di popolo, declinata al plurale, di autorità politica, riducibile alla coscienza individuale che non lascia residui a favore di alcuna entità collettiva, e di democrazia, come governo delle opinioni sotto il diritto, rappresenti uno dei lasciti più preziosi di Rosmini. 

ilsole24ore

Antonio Rosmini / La volontà di Dio attraverso le circostanze

Antonio Rosmini era conosciuto per essere uno degli ingegni più fervidi della Chiesa del suo tempo. Anche se vide messo all’Indice il suo libro Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, ebbe la stima dei papi dell’epoca e di santi come don Bosco. La sua religiosità si esprimeva nel lasciare a Dio di indicare la Sua volontà attraverso le circostanze esteriori esaminate al lume della ragione e della fede


di Giovanni Ricciardi - in 30giorni.it

«Se Ella pensa di cominciare con una piccola cosa e lasciare tutto il resto al Signore noi approviamo e siamo ben contenti che Ella faccia». A queste parole del papa Pio VIII, Antonio Rosmini capì che l’idea da lui concepita di fondare una nuova congregazione religiosa era davvero volontà di Dio. Siamo nel maggio 1829. Rosmini aveva allora 32 anni, otto di sacerdozio, e già era conosciuto come uno degli ingegni più fervidi della Chiesa del tempo. Era stato introdotto negli ambienti intellettuali di quella Milano che fu la culla del Romanticismo italiano. Aveva incontrato e frequentato Niccolò Tommaseo e Alessandro Manzoni. Aveva ottenuto la stima e l’affetto di Maddalena di Canossa, fondatrice delle Figlie della Carità, recentemente canonizzata (1988). Tutti vedevano in lui uno spirito straordinario, lo esortavano a mettere in opera grandi progetti. E lui aveva riflettuto, pregato, immaginato per tanto tempo. Ma solo dopo quell’udienza gli fu chiaro che doveva incominciare davvero. 
Era nato il 24 marzo del 1797, secondogenito di Piermodesto Rosmini Serbati, patrizio del Sacro Romano Impero, e di Giovanna, dei conti Formenti di Biacesa sul Garda. Nobiltà d’antico lignaggio. Ingegno, propensione agli studi filosofici, una giovinezza permeata di una cultura aperta a una dimensione europea. Ma il giovane Antonio, deludendo le aspettative dei genitori, aveva deciso di farsi sacerdote. Frequentò teologia a Padova, dove insegnava il futuro papa Gregorio XVI che approverà, nel 1838, la regola del suo Istituto. Dopo l’ordinazione, un giovane prete di quella levatura sociale e intellettuale avrebbe potuto aspirare a una brillante carriera ecclesiastica, magari accademica. Ma percepiva il pericolo di questa posizione. «Proprio questo suo tendere e darsi così agli interessi culturali» scrive Remo Bessero Belti, biografo di Rosmini, «poteva essere una “tentazione” per il giovane Rosmini […] il pericolo della “superbia”, non della carne ma dello spirito. Dio lo preservò da questo, dobbiamo proprio dire. Ce lo fa pensare una sua annotazione del 1813, veramente straordinaria per un giovane di 16 anni: “1813. Quest’anno fu per me anno di grazia: Iddio mi aperse gli occhi su molte cose e conobbi che non vi era altra sapienza che in Dio”» (R. Bessero Belti, Antonio Rosmini. Profilo biografico, Domodossola 1997, p. 5). 
I primi anni del suo ministero a Rovereto (Trento) erano stati un periodo di raccoglimento, dedicati alla preghiera e allo studio. Iniziava però a raccogliere intorno a sé alcuni sacerdoti per tenere loro delle letture della Summa theologica di san Tommaso. «In quel clima storico e culturale era un fatto quasi inconcepibile, un ritorno alla grande tradizione della Chiesa» spiega monsignor Clemente Riva, rosminiano e studioso di Rosmini, già vescovo ausiliare di Roma. 
Poi, l’invito a dar vita a un istituto religioso. È proprio Maddalena di Canossa a proporlo a Rosmini, esortandolo a fondare il ramo maschile delle sue Figlie della Carità. Rosmini ringrazia, riflette, ma non passa all’opera. Sono gli anni in cui matura in lui un desiderio vivissimo di corrispondere alla volontà di Dio senza metterci nulla di suo, lasciando a Lui l’iniziativa. Lo chiamerà Dio, se vuole, quando vuole. Prende forma, nella spiritualità di Rosmini, il cosiddetto “principio di passività”. «Quanto al resto» così lo spiega il Belti «studio, attività, lavoro, condizione di vita, non sceglierà da sé, non sceglierà questa o quella condizione di vita, questa o quella attività, e neppure un’opera di carità piuttosto che un’altra: lascerà a Dio di indicargliela attraverso le circostanze esteriori “esaminate al lume della ragione e della fede”» (op. cit., p. 6). È Dio che agisce, insomma. 
Nel 1827 a Milano conosce un giovane sacerdote francese, Giovanni Battista Loewenbruck, «robusto, biondo, vivace, con sul corpo i segni delle dure battaglie, anche cruente, in favore degli operai parigini, sfruttati ed abbrutiti, che egli istruiva, confortava ed aiutava, appoggiandone i diritti». E attraverso questo incontro capisce che è il momento di chiedere a Dio che cosa vuole da lui. Gli viene indicato un santuario, vicino Domodossola (Verbania), il Sacro Monte Calvario, e i due si ripromettono di trascorrervi insieme la Quaresima del 1828, in ritiro e preghiera. Ma il Loewenbruck lo raggiungerà lassù solo dopo Pasqua. In quei mesi, nella solitudine, Rosmini getta le fondamenta del suo Istituto. Per il momento, da solo. Più tardi raccoglierà intorno a sé i primi compagni e le prime critiche per quella scelta che lo “escludeva” dal ritorno nella buona società e nei salotti milanesi. «Gli amici rimpiangono il bene che avrebbe potuto fare in mezzo al mondo col suo impegno e fascino spirituale. Qualcuno dice anche che è “impazzito” ed egli risponde: “Se questa è pazzia sono contento di esserlo per Cristo”» (P. Rinaldo Nave, Profilo biografico di Antonio Rosmini, Rovereto 1996, pag. 15). 
Poi, il viaggio a Roma, il colloquio col Papa, l’approvazione verbale, l’invito ad andare avanti senza però rinunciare agli studi filosofici. Anzi, questa è per Pio VIII ancora la sua prima missione: «È volontà di Dio che Ella si occupi nello scriver libri. Tale è la sua vocazione. La Chiesa al presente ha gran bisogno di scrittori, dico di scrittori solidi, di cui abbiamo somma scarsezza. Per influire utilmente sugli uomini non rimane oggi altro mezzo che quello di prenderli con la ragione e per mezzo di questa condurli alla religione. Si tenga certo che Ella potrà arrecare un vantaggio assai maggiore al prossimo occupandosi nello scrivere che non esercitando qualunque opera del sacro ministero». 
Rosmini ubbidirà entusiasta mentre si dedica a porre le fondamenta dell’Istituto della Carità. Non immagina che proprio quello “scriver libri” raccomandatogli da un papa sarebbe stato l’origine del suo calvario, in vita e post mortem, per gli attacchi che gli verranno lanciati da allora in poi, specie da dentro la Chiesa. 
Una prima difficoltà nasce al momento dell’approvazione delle Costituzioni. I problemi che iniziava ad avere con il governo austriaco lo portarono a definire il voto di povertà per i membri del suo Istituto come puro distacco spirituale dai beni. A fronte di ciò, Rosmini prevedeva che i suoi discepoli potessero possedere beni e case anche a titolo personale. Il suo timore era che, in tempi di persecuzione, i governi avrebbero potuto confiscare i beni ecclesiastici. Aveva visto giusto, intuendo “profeticamente” quello che sarebbe accaduto in Italia pochi decenni più tardi. I Rosminiani costituivano una libera associazione di cittadini che mantenevano tutti i loro diritti, compreso quello di possedere: di fatto, proprietari delle case e dei collegi erano i singoli religiosi che, alla morte, lasciavano per testamento i loro beni a un confratello. Questo schema, approvato con difficoltà a Roma, servirà poi ad altri istituti per fondarsi e sussistere anche dopo la legge Rattazzi sul sequestro dei beni della Chiesa in Italia. Ad esso si ispirò anche don Bosco per i suoi Salesiani. Don Bosco, dopo aver conosciuto Rosmini, dirà di lui: «Non ricordo di aver visto un prete dire la Messa con tanta devozione e pietà come il Rosmini. Si vedeva che aveva una fede vivissima, da cui proveniva la sua carità, la sua dolcezza, la sua modestia e gravità esteriore». 
Nel frattempo il suo Istituto si diffonde prima in Inghilterra e poi in Irlanda. Un giovane scozzese, William Lockhart, amico e discepolo prediletto di John Henry Newman, capo del movimento di Oxford (movimento religioso che aveva lo scopo di promuovere il riavvicinamento dell’anglicanesimo alla Chiesa cattolica), incontrando i Padri Rosminiani si convertì al cattolicesimo. Newman ne rimase molto colpito, così come quando Lockhart gli fece leggere le Massime di perfezione cristiana, il testo chiave della spiritualità rosminiana. Così Rosmini, pur se indirettamente, ebbe un ruolo nella conversione di Newman, anche se i due non si conobbero mai personalmente. 
Rosmini continua dunque a scrivere, pubblicando nel 1839 il Trattato della coscienza morale. È quest’ultima opera a dare occasione alla prima polemica sulle sue dottrine. Esce a ruota un libello anonimo a firma di un non meglio identificato “Eusebio Cristiano”, che accusa Rosmini in un modo che più tardi Pio IX definirà «vile, basso, triviale, senza segno di carità». Rosmini si decide a rispondere di persona; teme di non essere stato chiaro nell’esposizione delle sue dottrine. Ma si accorgerà subito che la questione non era “scientifica”, e da allora in poi non risponderà più. 
La polemica s’infiamma e i Gesuiti si schierano decisamente contro Rosmini, tanto che nel 1843 Gregorio XVI interviene sul caso imponendo il silenzio tanto a Rosmini quanto al superiore generale della Compagnia di Gesù. Ma le cose non finiscono lì. Rosmini accetta e continua la sua opera di scrittore. In quegli anni confida in una lettera ad un amico: «Quanto a quello che dite dei feroci morsi che mi danno molti, è a ringraziare il Signore, non punto a sgomentarsene. Il Signore lo permette, e non possono trapassare la linea che Egli ha loro prescritta; e questa linea la disegna la sua sapienza infinita, la sua infinita bontà. Di questo sì vi prego, che mi abbiate presente innanzi all’altare del Signore, ottenendomi da lui la grazia di non offenderlo, né dando così altrui giusta cagione di rampogna. Quando Iddio mi facesse questa sola grazia nella sua immensa misericordia, confido che l’anima mia altro sentimento non proverebbe che di allegrezza per quanto avviene e fanno gli uomini». La pubblicazione del suo famoso saggio Delle cinque piaghe della Santa Chiesa è di poco precedente una delicata missione diplomatica che Carlo Alberto gli affida presso Pio IX, su consiglio di Gioberti, nell’aprile del 1848. Gli attacchi contro di lui si stanno di nuovo moltiplicando. Ciononostante Pio IX lo accoglie con affetto e gli preannunzia il cardinalato. Sarebbe stato nel concistoro del dicembre di quello stesso anno. Ma l’Austria è contraria e Rosmini è sempre più criticato. Del cardinalato non si farà nulla. A Rosmini viene negata la possibilità di incontrare nuovamente il Papa, le udienze gli vengono rinviate con ogni sorta di pretesto. «E intanto» scrive Belti «le ombre sulle sue dottrine si addensano sempre di più. Pio IX si mostra gravemente preoccupato: nell’aprile 1849 scrive a Rosmini: “Con paterno affetto la esortiamo a riflettere sopra le opere da lei stampate, per modificarle, o correggerle, o ritrattarle”» (op. cit., p. 17). Rosmini è «nelle più fitte tenebre» come scriverà egli stesso. Invia subito una lettera al Papa: «Beatissimo Padre, io bramo modificare tutto ciò che ci fosse da modificare nelle mie opere, di correggere tutto ciò che ci fosse da correggere, di ritrattare tutto ciò che ci fosse da ritrattare […]. Io voglio appoggiarmi in tutto sull’autorità della Chiesa, e voglio che tutto il mondo sappia che a questa sola autorità io aderisco, che mi compiaccio delle verità da essa insegnatemi, che mi glorio di ritrattare gli errori in cui potessi essere incorso alle infallibili sue decisioni». Se questa lettera, consegnata alla nunziatura di Napoli, sia mai giunta nelle mani di Pio IX, non è dato sapere. Rimase tuttavia senza risposta. A giugno di quello stesso anno Delle cinque piaghe della Santa Chiesa è messo all’Indice. 
Gli ultimi anni Rosmini li dedica soprattutto alla cura e alla promozione della sua Congregazione, che vorrebbe tenere lontana dagli attacchi alla sua persona. È la sofferenza che più lo angustia: «D’una sola cosa» scriverà «ho qualche pena, ed è il vedere quale grave danno soffra l’Istituto della Carità dall’avere un capo che così fu trattato, e che tuttora è tenuto sotto un processo di cui parla tutto il mondo, che lo copre d’una nube di sospetti, e che, a quanto mi si scrive, non si pensa punto di risolvere con celerità, anzi di tener sospeso e protrarre indefinitamente. Ma Iddio conosce i tempi e i momenti e perciò non finirò mai di benedirlo anche di questo». 
Ma le accuse e i libelli anonimi continueranno ininterrotti fino alla sua morte, nonostante il Sant’Uffizio finisca per assolvere pienamente Rosmini nel 1854, con una formula su cui i suoi avversari giocheranno per portare Rosmini alla condanna post obitum delle famose “quaranta proposizioni” nel 1888. «La dichiarazione» spiega monsignor Riva «diceva: dimittantur opera omnia Antonii Rosmini, cioè: si lascino libere queste opere d’esser pubblicate e studiate. Il che non vuol dire che siano infallibili, ma che sono senza pericoli per la dottrina della fede. Successivamente invece, quella corrente che era ostile a Rosmini ha continuato a osteggiare il suo pensiero, fino ad arrivare ad interpretare questo dimittantur come un “non vogliamo prendere nessuna decisione in merito al pensiero di Rosmini”». 
«Dal timore di essere umiliato, liberami o Gesù», recita un’antica preghiera monastica. Questo fu per Rosmini letteralmente vero. Le sue parole del 1852 non lasciano adito a dubbi: «Il pensiero che tutto ciò che accade è volontà di Dio, è così dolce che basta da sé solo a renderci pienamente tranquilli e contenti […]. Io non posso finire di ringraziare il Signore, che fa intendere questa consolantissima verità; e mi sento così felice della mia umiliazione, che non vorrei uscirne, se non fosse per uniformarmi di nuovo al divino volere». 
Quando, nel 1855, Manzoni giunge a Stresa (Verbania) al capezzale dell’amico ormai vicino alla morte, mormora tra le lacrime: «Speriamo che il Signore la voglia conservare ancora tra noi, e darle tempo di condurre a termine tante belle opere che ha cominciate, la sua presenza tra noi è troppo necessaria». E Rosmini risponde: «No, no, nessuno è necessario a Dio: le opere che Egli ha cominciate, Egli le finirà con quei mezzi che ha nelle mani, che sono moltissimi, e sono un abisso al quale noi possiamo solo affacciarci per adorare. Quanto a me, sono del tutto inutile, temo anzi di essere dannoso; e questo timore, non solo mi fa essere rassegnato alla morte, ma me la fa desiderare». 
Morì il 1 luglio del 1855. Come gli aveva detto Pio VIII, dopo aver cominciato con “una piccola cosa”, aveva imparato a lasciare tutto il resto al Signore. 


Antonio Rosmini e Chiara Lubich

Un convegno a Rovereto per gettar luce sulle radici comuni e sulle intersezioni storiche, finora sconosciute, delle due grandi personalità religiose trentine
Antonio Rosmini e Chiara Lubich
Antonio Rosmini, teologo, filosofo e sacerdote, proclamato beato dalla Chiesa Cattolica nel 2007, è nato a Rovereto nel 1797 e morto a Stresa nel 1855. Chiara Lubich, fondatrice e prima presidente del Movimento dei Focolari, è nata a Trento quasi settant’anni dopo, nel 1920, ed è morta a Rocca di Papa nel 2008. Sono senza dubbio tra le più grandi personalità religiose che il Trentino ha donato al mondo, ma a prima vista non sembrano avere nulla in comune se non la fede e la terra natale.
Eppure questa prima impressione potrebbe cogliere solo in parte la realtà: sotto la superficie, infatti, si possono individuare radici comuni e intrecci storici che le avvicinano più di quanto si possa immaginare. L’Istituto della Carità, fondato da Rosmini nel 1828, e il Movimento dei Focolari, fondato dalla Lubich nel 1943, conobbero alla fine degli anni ’40 e inizio ’50 una significativa convergenza proprio a Rovereto, città allora animata dal carisma dello scrittoreClemente Rebora,  sacerdote rosminiano, che ebbe frequenti contatti coi Focolari. Qualcuno si chiede addirittura se ci sia stato un possibile influsso della spiritualità dell’unità nella genesi del suo famoso inno: Il gran grido (1953).
Al di là della mediazione di grandi personalità, come il rosminiano Clemente Rebora e il focolarino Igino Giordani, comunque, uno studioso che voglia andare in profondità su questi intrecci storici può analizzare aspetti come il rapporto col francescanesimo o l’amore per la filosofia, centrali sia per Rosmini che per la Lubich, senza dimenticare che a Rovereto assistente ecclesiastico del nascente movimento dei Focolari era un rosminiano.
Insomma di materia ce n’è. Per tutte queste ragioni, e in preparazione del centenario della nascita di Chiara Lubich, il 24 e 25 maggio prossimi, su iniziativa di Paolo Marangon, storico e saggista, studioso di storia del cristianesimo, vice-direttore del Centro Studi Rosminiani, e di Lucia Abignente storica e scrittrice, collaboratrice del Centro Chiara Lubich, si terrà proprio a Rovereto un convegno intitolato  Antonio Rosmini e Chiara Lubich: radici e intersezioni storiche, con relazioni di F. De GiorgiL. AbignenteN. Carella, E. Del NeroA. Lo Presti , P. Marangon ed E. Manni.
cittanuova.it

Rosmini, difensore della persona contro tutte le utopie

In questi giorni, il 18 novembre, ricorre il decimo anniversario della beatificazione di Antonio Rosmini (Rovereto 1797-Stresa 1855), uno dei principali intellettuali italiani dell'800, cattolico liberale e fondatore di una congregazione religiosa, pensatore del Risorgimento e ispiratore di una riforma della Chiesa anticipatrice del Concilio Vaticano II. Che questa ricorrenza stia passando quasi inosservata, corrisponde alla scarsa notorietà del suo pensiero, che però proprio oggi, specialmente nel campo politico-sociale, potrebbe essere di grande ispirazione. 
Al contrario, nel mondo politico-economico italiano di fine 800 era ancora ben diffusa la consapevolezza dell'importanza del pensiero rosminiano per il rinnovamento della società civile. Secondo Giuseppe Toniolo, per Rosmini, che è uno dei "nostri celebri filosofi e scrittori di cose civili in genere", "la civiltà rimaneva essenzialmente spirituale, ma la prosperità economica figlia dell'operosità meritoria diveniva doverosa e nobile, in quanto a quella conduce". E il grande economista e politico Fedele Lampertico attestava che "Rosmini aveva sul pensiero in Italia un effetto benefico non meno ampio di Aristotele o Kant". 
Contro il rischio di ridurre l'uomo nella dinamica economica soltanto al consumatore, in ricerca di una felicità "materiale", Rosmini proponeva una riflessione politico-economica incentrata sull'unità armonica della natura umana per cui l'economia deve sempre essere considerata in vista dell'appagamento della persona. È quindi in cerca di una nuova comprensione del liberalismo moderno che per lui è "un sistema di diritto e insieme di politica, il quale assicura a tutti il prezioso tesoro di loro giuridiche libertà". 
Da un lato, egli ritiene certamente la concorrenza una dinamica sociale positiva in quanto contribuisce al perfezionamento e all'avanzamento della persona attraverso la coltivazione delle sue capacità. Dall'altro lato, però, e proprio per questo, tale concorrenza non deve ledere i diritti fondamentali e cioè il rispetto della persona umana. Rosmini ragiona quindi sulla "giustizia che precede al diritto di concorrenza", per evitare che il significato di concorrenza si perda, come egli dice, in "molti noiosi sofismi".
Un'idea molto simile sul giusto equilibrio tra concorrenza e solidarietà sarebbe stata elaborata in Germania un secolo dopo sotto il titolo di "Economia sociale di mercato": precisamente in un momento in cui la condanna del pensiero rosminiano da parte della Chiesa, avvenuta nel 1888, è riuscita a far tacere le voci di un Toniolo o un Lampertico. Così, la piena riabilitazione del suo pensiero nel 2001, insieme alla beatificazione avvenuta dieci anni fa, non sono infatti nient'altro che una tarda approvazione ecclesiastica della grande sintesi che Rosmini ha elaborato tra la visione cristiana dell'uomo e della società, da un lato, e un ordinamento politico liberale, dall'altro. Sintesi che nel XX secolo è stata proposta da Luigi Sturzo, il quale, infatti, nonostante la condanna, si è ispirato al pensiero rosminiano; oppure da Wilhelm Röpke, che presenta una riflessione di straordinaria somiglianza a Rosmini quando afferma: "il liberalismo non è nella sua essenza abbandono del cristianesimo, bensì il suo legittimo figlio spirituale".
Come Sturzo e Röpke poi, così già Rosmini aveva riflettuto profondamente sulla dinamica problematica del mercato e dei sistemi moderni che lui chiamava "astratti" (prevedendo del resto una tendenza sempre più forte verso un mondo "virtuale"): essi non sono "produttori" di morale che al contrario "consumano", come avrebbe detto poi Röpke. E proprio per questo motivo, il Roveretano teorizzava nella suaFilosofia della politica un "giusto equilibrio" tra la logica delle masse e l'intelligenza degli individui. 
Lungi da condannare la prima, e quindi riconoscendo pienamente le dinamiche della società moderna, sottolineava però l'urgenza di coltivare la seconda, tramite filosofia, religione, educazione. La prospettiva rosminiana pone così una grande fiducia nell'individuo: è scettica nei confronti della pretesa di quei programmi governativi che Rosmini chiama "perfettisti" in quanto pretendono di poter migliorare l'uomo con mezzi politici. Contro tale deresponsabilizzazione dell'individuo nelle utopie politiche moderne, Rosmini fu tra i più grandi fautori di un'unità italiana federale e sussidiaria, sulla base del principio costituzionalistico. Ma già nel 1849 vide la messa all'indice delle sue due opere principali di riforma della società e della Chiesa, ossia La costituzione secondo la giustizia sociale, e Le cinque piaghe della Santa Chiesa.
Un amico non ha però mai lasciato Rosmini, filosofo della giustizia sociale e teologo della provvidenza: Alessandro Manzoni. Egli conobbe Rosmini nel 1826 a Milano e nel 1855 lo troviamo sul suo letto di morte. "Duplice vertice sublime di unica fiamma", così Fogazzaro definì l'importanza della loro amicizia per la cultura italiana. Riscoprire Rosmini oggi, per ricompletare tale quadro, sembra pertanto un compito tanto affascinante quanto necessario.
di Markus Krienke - sussidiario.net

Visita guidata a Palazzo Rosmini di Rovereto Sabato, 2 dicembre



Programma:

Ritrovo Ore 10,30 - Via Stoppani 3 – Rovereto

Termine visita ore 12,00


Famiglia Rosmini

I Rosmini, una tra le più facoltose e benemerite famiglie della città è presente ed attiva a Rovereto con efficace influenza fin dal XV secolo, come si può rilevare dalla documentazione giunta a noi, frutto dell'intensa attività di raccolta di testimonianze genealogiche intrapresa all'inizio del XVIII secolo da Nicolò Ferdinando Rosmini, vero collezionista di documenti di ogni genere.

Storia dell'edificio

Il palazzo in cui nacque Antonio Rosmini-Serbati apparteneva in origine alla facoltosa famiglia roveretana dei Parolini. Il trisnonno di Antonio, Nicolò Rosmini il giovane (1656-1715), rientrato da Padova, sposò Cristina Parolini - ultima discendente e unica erede di questa illustre famiglia - e si trasferì nella dimora della moglie in località "al Portone", così denominata per la presenza di un arco e di un portone - demolito nel 1876 - che chiudeva l'accesso a via delle Salesiane. 
Quest' unione matrimoniale diede origine al nuovo ramo dei Rosmini al Portone - in seguito Rosmini-Serbati - che in questo palazzo abitarono ininterrottamente fino all'estinzione della famiglia. Successivamente venne abitato - come lo è tutt'oggi - dai Padri Rosminiani.

Il palazzo

La residenza rustico-signorile sorgeva al tempo in aperta campagna, fuori dalla cinta muraria. L’attuale concezione architettonica è dovuta all’ingegnere Mascanzani, che si attenne ad un disegno dell’architetto Ambrogio Rosmini, zio del grande pensatore.

L’interno del palazzo, arricchito dagli arredi originali, tra cui la stanza natale di Antonio, l’appartamento dello zio Ambrogio e la Sala degli Specchi. Il vero gioiello è la biblioteca storica, che spazia in ogni campo del sapere e vanta all’incirca 15.000 volumi.

Integrano il patrimonio di Casa Rosmini una cospicua raccolta di stampe antiche ed una notevole quadreria, quest’ultima ammirabile nella visita alla casa, prodotte entrambe dalla passione per l’arte dell’architetto Ambrogio.


Biblioteca Rosminiana

Fu istituita nel 1985 su impulso della Comunità di Padri Rosminiani presenti a Rovereto con l’intento di far conoscere la figura ed il pensiero del loro Padre Fondatore, il filosofo roveretano Antonio Rosmini e di mettere a disposizione dell’intera collettività tutto il suo patrimonio librario ed archivistico. 

Collocata all’interno di Palazzo Rosmini, è una biblioteca a carattere specialistico con indirizzo filosofico-teologico. Con la sottoscrizione di una convenzione tra Padri Rosminiani e Provincia Autonoma di Trento e con l’assunzione da parte dei Padri Rosminiani dell’impegno a collaborare alla realizzazione e al costante aggiornamento del CBT, prese avvio per la biblioteca la partecipazione attiva al programma di cooperazione bibliografica con la conseguente possibilità di condivisione delle informazioni con le altre biblioteche partecipanti.
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Anniversario arrivo di Antonio Rosmini al Calvario di Domodossola e fondazione Istituto della Carità. Programma

Dall'11 Febbraio 2017 al 20 Febbraio 2017 

Il 20 febbraio 1828 il Beato Antonio Rosmini veniva al Calvario di Domodossola e fondava l'Istituto della Carità. Ricordiamo l'anniversario con la Novena, a cominciare dall'11 febbraio, con S. Messa alla Grotta di Lourdes, alle 16.30, nel complesso del Sacro Monte, e la preghiera nella "Cella" del Beato Antonio Rosmini, ogni giorno per la S. Messa delle ore 16.30.

Antonio Rosmini Festa della cella 2017. A dieci anni dalla Beatificazione.


SACRO MONTE CALVARIO DI DOMODOSSOLA - PADRI ROSMINIANI
FESTA “DELLA CELLA”


ANNIVERSARIO DELL’ARRIVO DEL BEATO A. ROSMINI AL SACRO MONTE CALVARIO
20 FEBBRAIO 1828

11-25 FEBBRAIO 2017


Sabato 11 febbraio

h. 11.00, S. Messa alla Grotta di Lourdes (Calvario)

Affidamento a Maria della nostra Parrocchia, del nostro Istituto e di tutti i nostri ammalati (in caso di cattivo tempo la celebrazione si farà nell’Oratorio dell’Addolorata, con ingresso dal Santuario, sull’altare, a sinistra).


Dal 12 al 19 febbraio


h. 16.30, S. Messa nell’Oratorio dell’Addolorata

Ogni giorno distingueremo la S. Messa con uno spunto di riflessione rosminiana e al termine faremo un momento di preghiera nella “Cella”.


12-25 febbraio

Ritiro spirituale per i giovani Rosminiani, aperto a giovani in discernimento.


Sabato 18 febbraio

h. 16,30 Presso il Liceo delle Scienze Umane “Antonio Rosmini”: Incontro“LʼIRREVOCABIL PRESENTE” Rebora e lʼEpistolario ascetico di Rosmini. Con il Prof. Gianni Mussini e la Prof.ssa Elisa Manni. Coordina il Prof. Carlo Teruzzi. Lettura dei testi: Caterina Ripamonti


Domenica 19 febbraio


h. 18.00 "Concerto della Cella" in Sala Bozzetti al Calvario. Gerardo Chimini al pianoforte.


Lunedì 20 febbraio.


La "Festa della Cella" con gli studenti. Visita al Calvario e pranzo insieme.

h. 11.00 S. Messa con gli Studenti dell'Istituto Rosmini e dell'Istituto Alberghiero Mellerio Rosmini.

Per tutto il giorno è possibile visitare la “Cella del Beato A. Rosmini” rivolgendosi alla portineria del convento, vicino al Santuario.


Sabato 25 febbraio

h. 18.00 S. Messa Solenne nella Collegiata dei SS. Gervaso e Protaso

Presiede la S. Messa S. Em.za Rev.ma il Cardinale Renato Corti, Vescovo Emerito di Novara, Ascritto Rosminiano.

Centro di Spiritualità / Ospitalità Religiosa


La Casa del Sacro Monte Calvario è un luogo ideale per organizzare ritiri, esercizi spirituali, incontri di gruppo, vacanze e fine settimana di condivisione, corsi biblici, meditazioni, discernimento, presentazioni, convegni, concerti musicali, incontri e vacanze studio.

Durante la permanenza al Sacro Monte Calvario è possibile sperimentare la pace e silenzio di un luogo completamente immerso nella natura e tranquillità, circondato da un ampio giardino realizzato sui resti di un antico castello medievale.

La casa dispone di quattro aree notte distinte e gestibili in modo indipendente. Sono presenti camere singole e doppie, tutte dotate di bagno interno con acqua calda, doccia, sanitari.

Il Sacro Monte Calvario di Domodossola vi aspetta per un soggiorno di qualche giorno, di una giornata o per una visita di qualche ora.


Recettività 

- ospitalità: 60 posti letto in camere con servizi: triple, doppie e singole; 

- convegni nella sala Bozzetti da 100 posti; 

- ritiri ed esercizi spirituali anche per più gruppi contemporaneamente; 

- rimessa auto in parcheggio interrato per 50 posti auto; 

- mostre ed esposizioni nella sala Gaddo; brevi filmati documentari nella sala multimediale Clemente Rebora.

L’accoglienza dei gruppi rimane sospesa nel periodo invernale dal 1 novembre al 15 febbraio

Centro di Spiritualità Rosminiana
Borgata Sacro Monte Calvario, 8
28845 Domodossola (VB)
Tel: 0324242010
Fax: 0324340342

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