di Markus Krienke* in www.catt.ch
Mentre molti sanno che Antonio Rosmini (1797-1855) pubblicò la sua opera più famosa – le Cinque piaghe della Santa Chiesa – nel 1848 a Lugano presso la casa editrice Veladini, è quasi scomparso dalla memoria collettiva il grande contributo che i rosminiani, cioè l’ordine fondato da lui a Domodossola nel 1828, hanno dato alla cultura ticinese tramite la gestione di scuole, la presenza delle suore rosminiane, e alcuni insegnanti emblematici che si sono ispirati a questo grande pensatore tra l’800 e il ’900. E come si impegnava per una conciliazione tra Chiesa e Stato moderno per salvare la cultura cattolica nel Risorgimento italiano, così elaborò e propose le sue idee per una pacificazione confessionale della Svizzera dopo le guerre del Sonderbund.
Ma non solo biograficamente, questo grande pensatore nato a Rovereto e morto a Stresa in presenza del suo amico, «poeta del cuor suo» Manzoni, è strettamente connesso al nostro Cantone: la sua eredità culturale ha contribuito alla conciliazione tra l’eredità cattolica e le libertà moderne che trovano nella dignità della persona e i suoi diritti fondamentali, nei doveri di reciproco rispetto dei cittadini, nella libera concorrenza e l’istituzione della famiglia, nonché nell’indispensabile contributo della Chiesa e delle comunità religiose alla vita pubblica e alla solidarietà, dei punti di riferimento indispensabili per l’articolazione positiva della libertà nella società moderna. Temi su cui riflettere senz’altro in un’epoca segnata dall’individualismo, dal consumismo e dal populismo, cioè dalla separazione della «libertà» dalla «responsabilità» individuale: sono fenomeni che indeboliscono sempre di più i presupposti della «pubblica felicità» come è intitolato non a caso una delle opere di maggiore importanza (di L.A. Muratori, 1749) che segna il passaggio dalla politica monarchica dell’«ancien régime» all’etica pubblica moderna e che ha influito maggiormente sul pensiero di Rosmini. Quali sono i presupposti rosminiani e come si lascerebbero realizzare oggi? Non è certamente facile tentare una risposta in un’epoca non solo dell’avanzamento degli autoritarismi e dei nuovi fondamentalismi religiosi, ma in cui il consenso stesso sulla libertà si erode sempre di più di fronte alle crescenti disuguaglianze sociali e all’intolleranza «in nome della tolleranza» sempre più praticata, fino a fenomeni di «cancel culture». Molti riflettono apertamente sul dubbio se le nostre democrazie e i liberi mercati non siano piuttosto diventati minacce che garanzie per la libertà, e certamente con l’avanzamento delle nuove tecnologie questo «sospetto» trova ulteriore rafforzamento. Pertanto urge una riflessione su che cosa significa «essere liberi» e la consapevolezza che questa domanda è il presupposto per la «pubblica felicità»: riflessione identica a quella di Rosmini... per cui la «Cattedra Rosmini» della Facoltà di Teologia di Lugano ha organizzato il convegno del 13-14 giugno tra Consolato italiano e Università della Svizzera italiana.
* Direttore della Cattedra Rosmini della FTL