Fedeli al Calvario per la via Crucis delle parrocchie dell'Ossola.

Si è svolta domenica pomeriggio la via Crucis Vicariale al Sacro Monte Calvario. Con il vicario episcopale don Vincenzo Barone, il rettore del Sacro Monte Michele Botto Steglia, diversi sacerdoti di Domodossola e dintorni e numerosi fedeli.

Durante il cammino è stata proposta la “Via Crucis con Maria”: i fedeli si sono lasciati guidare nella preghiera dall'esempio, dalle parole e dagli atteggiamenti della Vergine. “La Passione di Gesù è il più grande dramma d'amore. Maria è la Madre – è stato ricordato - che ha vissuto tutta la Passione del figlio”. La proposta è stata quindi quella di un cammino di conversione guardando alla Vergine Maria.

Il corteo molto raccolto e silenzioso ha percorso le quattordici stazioni. Al termine è seguita la messa al Santuario del Santissimo Crocifisso presieduta da don Botto Steglia e concelebrata da padre Vincenzo Coscia. È consuetudine che la prima via Crucis domenicale sia aperta dalle parrocchie dell'Ossola, nelle prossime settimane si alterneranno altri gruppi. Il 5 marzo la via Crucis sarà animata e guidata per la prima volta da un gruppo di detenuti del carcere di Verbania.

La tradizione del cammino devozionale della via Crucis al Calvario è molto antica risale al 1735; la Rivoluzione francese del 1789 impedì la pratica. Con l'arrivo di Antonio Rosmini e la fondazione dell'Istituto della Carità nel 1828 fu proprio grazie ad un prete rosminiano, don Luigi Gentili che venne ripresa questa pratica in particolare nelle domeniche di Quaresima, usanza interrotta soltanto a causa della pandemia tre anni fa.

Ossola News

La Via Crucis al Calvario di Domodossola guidata dalle riflessioni di dieci detenuti

Simone Paolucci, don Michele Botto Steglia, Stefania Mussio, volontaria carcere e don Giovanni Antoniazzi


La prima volta sarà domenica 5 marzo (La Stampa)

Notizia. Da Ossola News

Dieci persone detenute nel carcere di Verbania hanno meditato sulla passione di Gesù rendendola attuale nelle loro esistenze. Saranno loro, il 5 marzo, lungo la via Crucis che sale al Sacro Monte Calvario, a leggere le riflessioni che hanno scritto con l'aiuto di due volontarie e del cappellano del carcere don Giovanni Antoniazzi.

Convinta che l'elemento spirituale sia una componente importante in qualunque persona e quindi anche nelle persone detenute, la direttrice della casa circondariale di Verbania, Stefania Mussio, con il vice presidente dell'ente di gestione dei Sacri Monti del Piemonte Maurizio De Paoli, raccogliendo l'invito del rettore del Calvario don Michele Botto, si è impegnata nell'organizzare la partecipazione con le persone detenute a una domenica delle vie Crucis Quaresimali al Sacro Monte Calvario.

Da circa un mese i detenuti stanno preparando le meditazioni. “Abbiamo pensato che sarebbe stato importante esprimere le riflessioni secondo i sentimenti che si provano nella detenzione - ha spiegato la direttrice del carcere - ; la realizzazione del progetto è possibile grazie anche alla sensibilità e all'attenzione della polizia penitenziaria”.

“Per i detenuti è stato un momento molto importante – ha detto il cappellano don Giovannni -. Si sono immedesimati nel Salvatore del mondo, per noi cristiani. Gesù attraverso la sofferenza ha portato qualcosa di migliore nel mondo. Così anche chi soffre può sentire vicino a lui la presenza del Signore . Si tratta di detenuti che già possono uscire per il percorso riabilitativo. Hanno aderito anche persone non credenti o di altre religioni”. Alla conferenza di presentazione era presente un detenuto che ha scritto una meditazione . “Grazie alla direttrice che ci da l'opportunità di fare tante cose, alle volontarie che ci sostengono moralmente e al cappellano. E' stata una bella emozione, nuova, la fede – ha ammesso - mi è stata trasmessa dalla mia famiglia, da bambino seguivo il catechismo e frequentavo l'oratorio”.

“Grazie alla direttrice del carcere – ha detto il comandante del reparto ispettore superiore della casa circondariale di Verbania Simone Paolucci - Senza una figura che dia uno stimolo a mantenere i rapporti con l'esterno non potremmo mai realizzare queste iniziative. Il carcere è visto come un mondo a sé, sta nella capacità di chi dirige l'istituto di creare un ponte con l'esterno e concretizzarlo”.

Un appuntamento quello del 5 marzo, che il rettore invita a vivere andando oltre la curiosità spingendosi ad una riflessione sulla realtà delle detenzione . “Che non è la realtà della punizione per ciò che hai fatto -ha detto don Botto- ma un cammino dove ti prepari a capire che nella vita si può sbagliare e si può ricominciare. I detenuti non si devono sentire soli, c'è una comunità che li sostiene e li incoraggia a vivere il tempo della detenzione, come un tempo della speranza”.

Filosofia. Completata l'opera omnia di Antonio Rosmini. Un'impresa lunga 50 anni

Un lavoro lungo quarantaquattro anni. È il tempo profuso per portare a termine l’Opera omnia del beato Antonio Rosmini - Serbati (1797-1855). Ora, con l’uscita (domani 24 febbraio) degli Scritti autobiografici: Diari (Città Nuova, pagine 918), l’ultimo dei sessantasei volumi dell’Opera omnia, si chiude l’impegnativa pubblicazione degli scritti in edizione nazionale e critica, iniziata sotto la supervisione di Michele Federico Sciacca (1908-1975) nel settembre del 1974 (la prima opera, vol. 38, dell’edizione nazionale Il linguaggio teologico, a cura di Antonio Quacquarelli, fu pubblicata nel 1975; è invece del 1979 la fusione tra l’edizione nazionale e l’edizione dei padri rosminiani).
«Preferisco parlare di “opera omnia”, piuttosto che di “edizione critica”, - spiega Giuseppe Lorizio, dell’Università Lateranense, fra i maggiori esperti di Rosmini - perché si tratta di un tentativo che presenta risultati non omogenei quanto a scientificità del prodotto. E per dimensione scientifica intendo attenzione filologica e storiografica, la cui qualità dipende dalla preparazione e dalle caratteristiche dei curatori dei singoli scritti e dal momento in cui sono stati pubblicati a partire dal 1979». Si tratta di un esito inevitabile, aggiunge Lorizio, «anche perché, come in più occasioni in sede di comitato scientifico sottolineò padre Umberto Muratore, nello spirito autenticamente rosminiano dell’antiperfettismo l’obiettivo era quello innanzitutto di mettere a disposizione i testi in modo che ci troviamo di fronte non a un punto di arrivo, ma a una miniera ancora aperta, dai cui ulteriori scavi si potranno trarre nuovi fecondi risultati».
Certo, oggi i grandi “minatori” scarseggiano: «Le difficoltà che i curatori hanno dovuto affrontare hanno riguardato soprattutto il reperimento delle fonti, in particolare quelle patristico-medievali, ma anche quelle moderne, per cui spesso si è gettata la spugna, evitando di indicare i testi nelle edizioni citate da Rosmini e accontentandosi di approssimativi riferimenti ai titoli delle opere pubblicate successivamente. Una scelta da un lato di comodo, dall’altro di compromesso, probabilmente inevitabile. Del resto, ci sarebbe stato bisogno di specialisti, ad esempio patrologi e medievisti, per produrre un risultato maggiormente “scientifico”». E comunque il problema, prosegue Lorizio, «ha riguardato non solo le fonti, ma i testi stessi. Mi sembra a tal proposito emblematica la vicenda dell’opera più conosciuta di Rosmini, Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, pubblicata in questa collana nel 1981, ma per la quale è stato necessario il lavoro dell’allora collega Nunzio Galantino (San Paolo 1997) per donare agli studiosi il testo nella forma ultima voluta dall’autore. Successivamente, cioè nel 1998, la seconda edizione nell’Opera omnia ha tentato di porre rimedio al problema, ma l’edizione Galantino resta a tutt’oggi quella più accreditata e autorevole». La vicenda è significativa «perché mostra il contesto dinamico in cui dobbiamo situarci, onde aprire orizzonti di ricerca e di riflessione, piuttosto che alimentare la pigrizia intellettuale di chi incautamente potrebbe dire “ormai abbiamo l’edizione critica!” per esimersi dallo scavo archivistico. Naturalmente tale lavoro sarà possibile solo nella misura in cui si dia una gestione trasparente e non autarchica del materiale d’archivio da parte di chi ne ha la responsabilità».
Gli orizzonti futuri riguarderanno innanzitutto le tematiche e la speculazione rosminiana nella sua attualissima inattualità. « La disposizione delle opere è stata improntata (assumendo indicazioni tratte dallo stesso autore) a una visione epistemologica e teoretica dei contenuti delle stesse. Oso pensare che, mentre tale tensione sistematica consegna al proprio tempo l’immane tentativo di generare un pensiero cristiano, anzi cattolico, nella modernità compiuta, un approccio genetico-diacronico, sempre comunque possibile, sarebbe più fecondo per svegliare e alimentare l’attenzione dei nostri contemporanei verso questo geniale pensatore». Dopodiché il lavoro dovrà alimentarsi: «Da un’attenzione particolare a non considerare i settori epistemici in cui si suddividono e classificano gli scritti di questa edizione come compartimenti stagni, per il semplice fatto che ad esempio la teologia e la politica risultano trasversali e determinanti anche in opere non strettamente teologiche o di filosofia politica. Questo perché il genio rifugge dagli schematismi e non solo filosofa o teologa, ma semplicemente pensa. E Dio sa quanto bisogno di pensiero vi sia nella Chiesa e nella società».
Pertanto, conclude Lorizio, «non solo gli ambienti ecclesiastici, sempre più sordi rispetto alla speculazione teologico-filosofica in quanto prevalentemente impegnati nel sociale, ma la cultura diffusa e accademica del nostro Paese dovrebbero salutare con gratitudine (e magari con opportune iniziative) il compiersi dell’impresa titanica della pubblicazione dell’Opera omnia di colui che, insieme a Vincenzo Gioberti, si può considerare il più grande teologo e filosofo italiano del XIX secolo. Non a caso, riferendosi certamente a Rosmini, la Fides et ratio, al n. 59, scriveva che nell’Ottocento cattolico “ci fu chi organizzò sintesi di così alto profilo che nulla hanno da invidiare ai grandi sistemi dell’idealismo”, aprendo così la strada al superamento della condanna e alla beatificazione».
avvenire.it

Il rettore del Sacro Monte, don Michele Botto su Rosmini: “L’attualità del suo messaggio è che anche oggi è possibile diventare Santi”

 

Il 20 febbraio in città si ricorda l'anniversario dell’arrivo di Antonio Rosmini al Calvario nel 1828 e l’attualità del messaggio del Beato Rosmini, secondo il rettore del Sacro Monte di Domodossola, don Michele Botto, è quello che è possibile anche oggi diventare Santi.

“Possiamo pensare che grazie agli amici Rosmini abbia scelto questo luogo come luogo per la Santità - spiega don Botto - ; lui è arrivato qui prete in ricerca e ha ricercato quel grande ideale che anche monsignor Roberto Farinella, nella celebrazione della Festa della Cella il 19 febbraio, ha sottolineato: 'siate perfetti, siate santi’ . Spesso pensiamo alla Santità come a qualcosa di lontano di irraggiungibile, però possiamo pensare come ci insegna Papa Francesco che la Santità è qualcosa che riguarda il quotidiano e quindi Rosmini ci può dire questo: che ancora oggi si può diventare Santi. Il padre fondatore ha proprio tracciato questo bellissimo progetto con la Carità Universale, dove tutti possono essere coinvolti”.

La beatificazione a Novara nel 2007 ha aperto la strada ad Antonio Rosmini alla canonizzazione, ovvero alla dichiarazione di santità. Perché si arrivi alla canonizzazione, ossia affinché possa essere dichiarato Santo, si deve attribuire al Beato l'intercessione efficace in un secondo miracolo avvenuto successivamente alla beatificazione. Sulla canonizzazione don Botto spiega: “Aspettiamo, ci sono momenti in cui sembra aprirsi qualche porta, altri momenti sembra che ci siano dei blocchi. Però penso, non perché io sia rosminiano, che guardare a Rosmini, alla capacità che ha avuto di ritirarsi, di soffrire, sia per la chiesa sia per il mondo un esempio di Santità. Se poi la Chiesa lo riconosce acquista sicuramente maggior valore ”.

Dopo la festa della Cella, il Santuario del Santissimo Crocifisso, con la Quaresima e la settimana Santa, diventa una meta di fede e luogo particolarmente adatto per la riflessione proposta dalla diocesi per la Quaresima che ha come tema “Ai piedi della croce le parole dell’amore più grande”. Al Calvario il 26 febbraio alle 15 si terrà la via Crucis vicariale e alle 16.30 sarà celebrata la messa nel Santuario del Santissimo Crocifisso.

Ossola News



Domenica 5 Marzo 2023 al Calvario di Domodossola dalle 14.30 Via Crucis con 10 detenuti del carcere di Verbania

 

Questa domenica 5 marzo a Domodossola 10 persone detenute nella Casa Circondariale di Verbania animeranno la Via Crucis. L’appuntamento, presentato nei giorni scorsi, è per le 14.30 ai piedi della collina del Sacro Monte Calvario. Ad ognuna delle 14 stazioni un detenuto leggerà le riflessioni preparate per il momento. Un appuntamento nato dalla collaborazione sorta tra il Rettore del Calvario don Michele Botto Sceglia e la direttrice del carcere verbanese Stefania Mussio.

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