La nuova dimensione del Turismo Religioso



Quello del turismo religioso è un fenomeno multiforme che negli ultimi anni sta vivendo una primavera unica. Così esordisce Don Gionatan De Marco, Direttore Ufficio nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza Episcopale Italiana, in questa profonda e illuminante analisi, ricca di spunti e riflessioni per il futuro del turismo nel suo complesso. Un anticipo del suo intervento alla Giornata di Formazione per i gestori di strutture ricettive religioseche si terrà a Milano il prossimo 25 ottobre. 
Don Gionatan De Marco - Il turismo religioso, negli ultimi anni, sta vivendo una primavera unica.
Un fenomeno davvero curioso se si pensa alla liquidità della società e alla frammentazione della persona, eppure il “religioso”, lo “spirituale” è cercato, desiderato e vissuto. Evidentemente, la cultura contemporanea ha lavorato, senza saperlo, a far riscoprire all’uomo la nostalgia del Divino, a fargli sperimentare la fame di senso.
La domanda turistica è alla ricerca di nuovi orientamenti, in grado di restituire un nuovo senso del viaggio, basato sull’esperienza, in una rinnovata ricerca di autenticità, di fattori emozionali e sorprendenti, di recupero delle matrici culturali e di luoghi inusuali, lontani dalla massificazione e intrisi di spiritualità. Da questo punto di vista, il segmento turistico connesso a motivi devozionali – o più genericamente spirituali – non soltanto continua ad avere un messaggio da offrire, ma appare decisamente anticiclico, con tendenza ad un continuo aumento.
Le differenze con i pellegrinaggi delle epoche passate non sono poche. Se ciò che muoveva l’homo viator in epoca medievale e moderna era la meta, spesso cercata in una Basilica o Santuario significativo per la cristianità universale e locale, oggi ciò che muove le persone è la ricerca di un “luogo”. Nella società dei “non-luoghi”, infatti, le persone ricercano di sentirsi accolti e riconosciuti, in situazioni in cui le relazioni sappiano offrire calore, il patrimonio di cultura e tradizioni sappia stupire e le persone abbiano qualcosa da raccontare, meglio se di unico e significativo, per ritrovare se stessi e il senso di una vita affamata di speranza.

Quello del turismo religioso è un fenomeno multiforme.

L’aspetto spirituale è soltanto uno dei tasselli che ciascuno può inserire all’interno di un viaggio o una vacanza, del resto dedicati ad attività prettamente ricreative, non certo banalmente inquadrabili nei tradizionali pellegrinaggi: la figura del pellegrino e quella del visitatore appaiono sempre più come riferimenti ideali per indicare rispettivamente la religione e l’effimero, la solennità e la frivolezza, all’interno di uno spazio condiviso in cui non necessariamente sono alternativi.
Esiste un continuum tra religione e turismo, dove i pellegrini solenni dell’iconografia tradizionale sono affiancati da un pellegrino/visitatore, forse meno serio ma più esistenziale, o persino ricreativo, pur non necessariamente consumerista.
Gli ultimi dati certi rimangono quelli diffusi dall’Organizzazione Mondiale del Turismo che, insieme ai numeri offerti dall’Isnart, l’Istituto nazionale ricerche turistiche, offrono il senso di un mondo del travel salvato dai moderni pellegrini, in particolare cattolici. Un genere di visitatori che rappresenta l’1,5% dei flussi turistici complessivi dell’Italia e appartiene a ogni fascia d’età: lontani dagli stereotipi del pullman parrocchiale colmo di anziani diretti ad un Santuario, il 41,4% di chi viaggia per fede ha fra i 30 e i 50 anni.
Gli stranieri vengono per visitare Roma, ma anche Assisi, Padova, Pompei, Loreto, Oropa, San Giovanni Rotondo, Cascia e molte altre località, rivelando un potenziale di crescita enorme: le tradizioni e la cultura religiosa nel Bel Paese, con la presenza di importanti Santuari di riferimento e di antiche vie di storia, di cultura e di pellegrinaggio, non hanno eguali nel mondo.
Domanda - Gli aspetti principali di questo cambiamento che toccano l’offerta e con cui le strutture religiose devono confrontarsi.
Don Gionatan De Marco - Giovanni Paolo II ebbe a scrivere: «È necessaria una educazione individuale e collettiva al turismo, ovvero una profonda e convinta educazione umanistica all'accoglienza, al rispetto del prossimo, alla gentilezza, alla comprensione reciproca, alla bontà. Ed è necessaria anche una educazione ecologica, per il rispetto dell'ambiente e della natura, per il sano e sobrio godimento delle bellezze naturali, tanto riposanti ed esaltanti per l'anima assetata di armonia e di serenità. Ed è soprattutto necessaria un'educazione religiosa, affinché il turismo non turbi mai le coscienze e non abbassi mai lo spirito, ma anzi lo elevi, lo purifichi, lo innalzi al dialogo con l'Assoluto e alla contemplazione del mistero immenso che ci avvolge e ci attira».

Mi sembra che gli aspetti principali del cambiamento con cui le strutture religiose dovranno confrontarsi nei prossimi anni sono principalmente tre.

La domanda che non chiede più soltanto un ricovero ma una comunità ospitale. Non soltanto un giaciglio ma un’esperienza del “luogo”. Non una qualsiasi esperienza generica e standardizzata ma un’esperienza straordinaria e speciale, alimentata da una grande capacità di narrazione.

Il futuro si affaccia con dinamiche solo parzialmente vissute fino ad oggi.

Occorre dunque modificare con urgenza le fasi di progettazione, preparazione e realizzazione dei luoghi e dei prodotti turistici, individuando modelli di fruizione complessi e compositi, in grado di considerare fattori paesaggistici (ovvero la spiritualità dei luoghi, le attrattive ambientali, i patrimoni materiali e immateriali e le soddisfazioni psicofisiologiche che i viaggiatori ritengono di poter trarre visitando una località o un territorio), fattori strumentali a valore aggiunto (il complesso dei servizi offerti, in grado di trasformare una banale meta turistica in destinazione) e – su tutto – l’elemento umano, che contribuisce al posizionamento del prodotto e ne determina il senso e la qualità.
Le strutture religiose sono chiamate forse più delle altre a confrontarsi con questi cambiamenti di scenario, poiché rappresentano più di altri “il volto umano” dell’accoglienza e la spiritualità dei luoghi.
Domanda - Lo scenario futuro della domanda e dell’offerta di ospitalità religiosa.
Don Gionatan De Marco - La domanda, come si è detto, va nella direzione di richiedere una piena valorizzazione delle percezioni dei viaggiatori, in una dinamica sempre meno “standard” e sempre più diretta e personale. L’orientamento dell’offerta, di conseguenza, non potrà che essere quello di migliorare l’accoglienza, soprattutto dal punto di vista della relazione umana, nel rispetto del Creato.

Verso un turismo sempre più sostenibile.

Una strategia fertile per il futuro dovrebbe consistere nell’avvicinare l’etnografia itinerante all’etnografia locale: ovvero imparare ad accogliere le diversità, nel rispetto del punto di vista autoctono, di coloro che abitano i luoghi, alimentando le dinamiche relazionali (ed economiche) che sostengono entrambi. Da questo punto di vista, i Cammini sono paradigmatici. Non so dire quanto possa essere replicabile nel nostro Paese, ma credo che la domanda sia influenzata dall’esperienza del Cammino di Santiago, definita “quête” dai francesi e “búsqueda” dagli spagnoli e dai brasiliani, ovvero un viaggio di ricerca identitaria e di autoformazione, in cui la componente della riflessione su sé stessi è fondamentale, ma in una relazione aperta con i luoghi, con il prossimo e con l’alterità.
I Cammini, come le antiche Vie di pellegrinaggio e di culture, sono infrastrutture non soltanto carismatiche e ricche di suggestioni positive, ma modelli di integrazione organizzativa, sempre più necessari affinché le case di ospitalità religiosa siano integrate in una vera e propria “rete di comunità”.
Su tutto, immagino per il futuro debba essere tesorizzata la buona prassi dei Parchi Culturali Ecclesiali: iniziative di Chiesa, su base diocesana o interdiocesana, capaci di realizzare sistemi territoriali di riferimento per l’integrazione dei beni culturali, dei sistemi di accoglienza e delle strutture di ospitalità. Penso che il lavoro avviato da Mons. Mario Lusek sia stato visionario e profetico: il grande patrimonio di spiritualità che nel tempo la Chiesa ha realizzato, non disgiunto dai patrimoni d’arte e di cultura, può effettivamente diventare un cardine del sistema di accoglienza, narrazione, promozione e fruizione esperienziale dei diversi territori del nostro Paese.
Dove questi modelli si stanno avviando – generando un importante effetto “interno” alla diocesi, verso la realizzazione di una pastorale integrata, contribuendo a realizzare una Chiesa aperta e “in cammino” – sono già dimostrabili importanti risultati sul piano dello sviluppo turistico sostenibile, in piena sintonia tra aumento dei flussi di visitatori, tutela del Creato e benessere delle comunità locali (con riflessi non secondari sull’occupazione, in particolar modo dei giovani). Con la prospettiva di migliorare le prestazioni individuali e collettive in termini di accessibilità e di inclusività delle esperienze, verso un turismo “per tutti” che contenga una promessa e un orizzonte di senso per ciascuno.
https://www.hospitality-news.it

Tra turismo e accoglienza. Le strutture religiose di ospitalità si confrontano a Milano

Il 25 ottobre a Milano i gestori delle strutture di ospitalità provenienti da 15 regioni italiane si confronteranno e dialogheranno con esperti e tecnici del settore dell’accoglienza religiosa: dal marketing all’’informatica, dall’’amministrazione al lavoro, dal restauro alle tecnologie, passando anche per un confronto aperto e schietto con il settore alberghiero.
E’ una giornata di formazione organizzata dall'’Associazione Ospitalità Religiosa Italiana (www.ospitalitareligiosa.it) presso l’Oasi San Francesco, grazie al determinante apporto di UBI Banca, particolarmente attenta al settore del no-profit.
Interverrà anche Don Gionatan De Marco, neo-direttore dell’Ufficio nazionale CEI per la Pastorale del Tempo libero Turismo e Sport, che patrocina l’evento.
Un’ospitalità senza fini commerciali è uno strumento di apertura verso chi cerca un ristoro dell’’anima, spesso con lo scopo di creare risorse per l’assistenza degli ultimi nel nostro Paese o nelle missioni di tutto il mondo”. Così si esprime Fabio Rocchi, presidente dell’associazione organizzatrice, nel presentare l’iniziativa. Ma non mancheranno anche tanti laici specializzati nell’’accoglienza di gruppi religiosi.
Lo scopo dichiarato della giornata è “restare al passo con i tempi” e sull’attrito che talvolta si crea con il settore alberghiero, Rocchi aggiunge che “non si tratta di concorrenza, ma di un diverso spirito di servizio che mette l’’Uomo (e non il cliente) al centro dell’’attenzione, senza escludere l’’evoluzione dei servizi e senza mai perdere la misura di un’’evangelica accoglienza”.
ilmessaggeroitaliano.it

UNA MAPPA DEI CAMMINI RELIGIOSI PER AVERE “FEDE” NEL TURISMO

“Turismo e custodia del creato”, è stato questo il titolo del convegno che si è tenuto sabato 7 e domenica 8 ottobre nella suggestiva cornice del Santuario di San Gabriele dell’Addolorata. La due giorni è stata organizzata dalla Pastorale Turismo Sport Abruzzo-Molise, dalla DMC Gran Sasso Laga e dal CSI Abruzzo. L’incontro è servito per aprire un canale di dialogo tra tutti gli operatori economici del settore turistico e i portatori di interesse: si è discusso, in particolare, delle potenzialità e delle opportunità turistiche offerte dalle aree interne montane, e del lavoro da svolgere in tema di sviluppo e di promozione di questi territori. All’appuntamento ha partecipato anche il Presidente del CSI Abruzzo Angelo De Marcellis, che ha tenuto una relazione sul tema “Fare squadra per guardare oltre”. De Marcellis la necessità di abitare un luogo per riuscire a custodirlo. Al riguardo il turismo religioso, la ricerca delle proprie origini, la vacanza attiva sono motivazioni che muovono milioni di persone: “Nel mettersi in movimento e quindi nel fare turismo nei luoghi del creato, l’attività fisica e lo sport in ambiente naturale giocano una partita molto importante. Percorrere i cammini, praticare del trekking o del nordic walking, avventurarsi nei sentieri in mountain bike o in sella ad un cavallo, vivere l’ambiente arrampicando pareti di roccia, o praticando tiro con l’arco sono attività che ciascuno può praticare liberamente conciliando la contemplazione delle bellezze naturalistiche”, ha dichiarato il Presidente del CSI Abruzzo che poi ha aggiunto: “Lo sport però può essere anche strumento per animare i luoghi attraverso manifestazioni, gare in numerose discipline codificate, eventi che portano numeri importanti di partecipanti che, oltre a sostenere le attività produttive della zona, richiamano l’attenzione sulle aree interne. Ciò si può verificare in ambiente naturale, con le discipline outdoor, o attraverso una implementazione strutturale che permetta lo svolgimento di camp o ritiri”. De Marcellis, responsabile della pastorale del turismo diocesana, ha inoltre comunicato che è in fase di avviamento l’elaborazione di un Parco Culturale Ecclesiale diocesano che mapperà i cammini e gli itinerari religiosi già esistenti e metterà in rete gli operatori del settore turistico-ristorativo, gli amministratori del patrimonio storico-monumentale ecclesiale e tutte le persone formate all’accoglienza e all’assistenza dei turisti negli itinerari. Sarà una nuova occasione per fare squadra e per raggiungere l’obiettivo del rilancio del territorio mettendo però al centro i bisogni della persona.

Visita guidata a Palazzo Rosmini di Rovereto Sabato, 2 dicembre



Programma:

Ritrovo Ore 10,30 - Via Stoppani 3 – Rovereto

Termine visita ore 12,00


Famiglia Rosmini

I Rosmini, una tra le più facoltose e benemerite famiglie della città è presente ed attiva a Rovereto con efficace influenza fin dal XV secolo, come si può rilevare dalla documentazione giunta a noi, frutto dell'intensa attività di raccolta di testimonianze genealogiche intrapresa all'inizio del XVIII secolo da Nicolò Ferdinando Rosmini, vero collezionista di documenti di ogni genere.

Storia dell'edificio

Il palazzo in cui nacque Antonio Rosmini-Serbati apparteneva in origine alla facoltosa famiglia roveretana dei Parolini. Il trisnonno di Antonio, Nicolò Rosmini il giovane (1656-1715), rientrato da Padova, sposò Cristina Parolini - ultima discendente e unica erede di questa illustre famiglia - e si trasferì nella dimora della moglie in località "al Portone", così denominata per la presenza di un arco e di un portone - demolito nel 1876 - che chiudeva l'accesso a via delle Salesiane. 
Quest' unione matrimoniale diede origine al nuovo ramo dei Rosmini al Portone - in seguito Rosmini-Serbati - che in questo palazzo abitarono ininterrottamente fino all'estinzione della famiglia. Successivamente venne abitato - come lo è tutt'oggi - dai Padri Rosminiani.

Il palazzo

La residenza rustico-signorile sorgeva al tempo in aperta campagna, fuori dalla cinta muraria. L’attuale concezione architettonica è dovuta all’ingegnere Mascanzani, che si attenne ad un disegno dell’architetto Ambrogio Rosmini, zio del grande pensatore.

L’interno del palazzo, arricchito dagli arredi originali, tra cui la stanza natale di Antonio, l’appartamento dello zio Ambrogio e la Sala degli Specchi. Il vero gioiello è la biblioteca storica, che spazia in ogni campo del sapere e vanta all’incirca 15.000 volumi.

Integrano il patrimonio di Casa Rosmini una cospicua raccolta di stampe antiche ed una notevole quadreria, quest’ultima ammirabile nella visita alla casa, prodotte entrambe dalla passione per l’arte dell’architetto Ambrogio.


Biblioteca Rosminiana

Fu istituita nel 1985 su impulso della Comunità di Padri Rosminiani presenti a Rovereto con l’intento di far conoscere la figura ed il pensiero del loro Padre Fondatore, il filosofo roveretano Antonio Rosmini e di mettere a disposizione dell’intera collettività tutto il suo patrimonio librario ed archivistico. 

Collocata all’interno di Palazzo Rosmini, è una biblioteca a carattere specialistico con indirizzo filosofico-teologico. Con la sottoscrizione di una convenzione tra Padri Rosminiani e Provincia Autonoma di Trento e con l’assunzione da parte dei Padri Rosminiani dell’impegno a collaborare alla realizzazione e al costante aggiornamento del CBT, prese avvio per la biblioteca la partecipazione attiva al programma di cooperazione bibliografica con la conseguente possibilità di condivisione delle informazioni con le altre biblioteche partecipanti.
touringclub.it

"In riva al Lago Maggiore un messaggio d'amore"... Cannobbio, Mons. Fasola e il Santuario della Santissima Pietà

Mons. Fasola e Giovanni Paolo II

GLI AMICI DEL SERVO DI DIO DI MONS. FRANCESCO FASOLA e la Parrocchia S. Antonio di Piazza Armerina hanno ORGANIZZANTO UN CONVEGNO A CANNOBIO (VB) Sabato 7 Ottobre 2017 dalle ore 9,30 presso l'Hotel il Portico dal tema ‘‘ In ascolto del Padre con il suo Servo Francesco’’. 
Un piccolo dipinto su pergamena (cm. 27,5 X 30), raffigurante Cristo in Pietà tra Maria e Giovanni evangelista, custodito  a Cannobio

Il 31 marzo 2006 nella Basilica Cattedrale di Messina l’arcivescovo Giovanni Marra aprì in forma solenne il processo diocesano per la canonizzazione del Servo di Dio Francesco Fasola, arcivescovo di Messina e archimandrita del SS. Salvatore, dal 1963 al 1977.

Ormai da diversi anni era sorto un gruppo, costituito da laici e da preti delle diocesi di Agrigento, Caltagirone e Messina, chiamato “Amici di mons. Francesco Fasola”, allo scopo di mantenere vivo il ricordo di quello che fu uno dei vescovi più significativi nella seconda metà del sec. XX.

Questo gruppo è stato il Comitato promotore dell’apertura della causa.

Brillante Relatore dell'evento di Sabato 7 Ottobre 2017 è stato  S.E. Mons. Ignazio Zambito Vescovo Emerito di Patti. Sentito e partecipato anche l'intervento di S.E. Mons. Calogero Peri Vescovo di Caltagirone. Un saluto ai  partecipanti è stato rivolto da S.E. Mons. Giovanni MORETTI Arciv. tit. di Vartana nato a Meina (NO), Diocesi di Novara, da don Bruno Medina rettore del Santuario, da don Luigi Cerutti Vicario episcopale per il settore del Clero della diocesi di Novara, da don Salvatore Gentile parroco di Maggiora e Cureggio, dal Sindaco di Maggiora (VB) Giuseppe Fasola.

Alle Ore 12:00 presso il Santuario della SS. Pietà è stata celebrata l'Eucaristica. 


Responsabili del Comitato e del Convegno sono  Ettore e Ada Paternicò. L'assistente spirituale il Sacerdote Umberto Pedi


NOTE BIOGRAFICHE (di don Mario Perotti - in vescovidisicilia.com/)

Mons. Francesco Fasola nacque a Maggiora (No) il 23 febbraio 1898 e fu battezzato il giorno successivo. Entrato in seminario, dopo la scuola elementare, ricevette il diaconato il 26 marzo 1921 e l’ordinazione sacerdotale il 26 giugno dello stesso anno. Nel 1929, dopo essere stato coadiutore a Galliate, entrava nella congregazione degli oblati dei Santi Gaudenzio e Carlo, ricoprendo incarichi diocesani, che lo hanno visto impegnato per l’Azione Cattolica.
Durante l’episcopato di mons. Ossola, svolse il ruolo di provicario generale con il compito di visitare la diocesi, rendendosi presente soprattutto dove esisteva qual- che difficoltà.
Era dotato di grande umanità, di ottimismo e di capacità comunicativa, anche con i ragazzi, che sapeva attirare con un linguaggio semplice ma coinvolgente. Il Vescovo mons. Gilla Vincenzo Gremigni acconsentì alla sua nomina a vescovo coadiutore di Agrigento. Fu consacrato a Novara il 2 maggio 1954 e raggiunse la diocesi siciliana il 20 giugno dello stesso anno. Successivamente il 22 gennaio 1961 venne trasferito come vescovo a Caltagirone; infine il 15 settembre 1963 divenne arcivescovo di Messina.
Erano gli anni del Concilio e il Vescovo Fasola con grande impegno e serietà cercò di promuovere la conoscenza del Concilio e la sua applicazione in diocesi. Il 30 luglio 1977 rinunciava alla diocesi, ritirandosi a Novara. Infine il 1 luglio 1988 entrava nella pace del Signore.

Quanto sia vivo il suo ricordo nelle diocesi che videro il suo ministero, lo si evince dal bollettino degli Amici ed anche dalle biografie che lo riguardano. Ave Gaglio è stata la prima a raccogliere le notizie biografiche, intitolando la sua opera: “Grazie, Padre”, ora più compiutamente denominata: “Mons. Francesco Fasola, un Vescovo Padre” (III edizione, Messina 1998). Ultima sua pubblicazione, edita nel febbraio 2006, è intitolata “Ricordando l’Arcivescovo Servo di Dio Mons. Francesco Fasola”. Altre quattro biografie, di cui qualcuna con discreto successo editoriale, furono pubblicate in Sicilia e a Maggiora. Ultima pubblicazione, in ordine di tempo, il profilo biografico stilato per la causa di canonizzazione, Messina 2005.

In diocesi di Novara il ricordo di Mons. Fasola rimane vivo tra i preti ed i laici che con lui hanno vissuto la stagione iniziale di ripresa dell’Azione Cattolica, dopo il periodo bellico.
In particolare ricorda con riconoscenza e devozione il Padre Francesco il senatore Oscar Luigi Scalfaro, che fu presidente dell’Azione Cattolica di Novara.
Mons. Fasola è stato un uomo che si è donato senza misura. Amava tutti perché amava Dio, con tutti sapeva stare e tutti stavano bene con lui. Coinvolgeva ed era capace, quando era necessario, di una sottile e francescana ironia; aveva acutezza di intelligenza indagatrice, ma sapeva dosare le sue intuizioni con una grande carica di amabilità e di benevolenza; sapeva ascoltare e tacere; si immedesimava nelle sofferenze altrui, era pronto a condividere e si proponeva di farlo anche se non richiesto; era delicato e attento nel non far pesare le sue croci sugli altri.
La sua umanità, appassionata e piena di calore, era nutrita dalla comunione con Cristo e dalla devozione a Maria, a cui l’aveva iniziato il venerabile don Silvio Gallotti.
Ebbe anche difficoltà e incomprensioni, soprattutto nei tempi non facili del dopo Concilio e della contestazione sessantottesca. Non ha mai barattato la verità, annunciando la parola in modo forte e chiaro, con semplicità e fermezza. Si è espresso con la voce, con gli scritti e con delle scelte concrete. Il suo stesso corpo parlava quando con le braccia aperte sembrava voler raccogliere tutti in un abbraccio.
Il suo volto solare, con un sorriso schietto e pulito, con le dita delle mani sempre in movimento, erano segni inequivocabili del suo slanciarsi verso gli altri con una pienezza dell’amore di Dio che lo riempiva. L’immagine più vera fu quella del Pastore, conosceva tutti per nome, chiedeva, anche a distanza di anni, notizie di persone che non aveva mai dimenticato. Riusciva per la sua umanità a rendere ordinario lo straordinario. Celebrava con una dignità che lo distingueva e con lui era facile l’incontro nel dialogo con Dio. La vicinanza a Dio non l’ha mai però allontanato da nessuno tra gli uomini.

Anche la Diocesi di Novara deve gioire per questa iniziativa di grazia che è cominciata a Messina. Il vescovo Mons.Corti ha scritto all’arcivescovo di Messina: “Ringrazio il Signore per questo evento di grazia. Le nostre Chiese possono affidarsi alla sua intercessione, mentre sono sospinte ad imitarne lo zelo pastorale, la grande umanità, la generosa dedizione”.
L’archivio storico diocesano ha già messo a disposizione, tramite Padre Adriano Erbetta degli Oblati dei Santi Gaudenzio e Carlo, diversi documenti autenticati che riguardano il servo di Dio (tratto da vescovidisicilia.com).

Santuario SS. Pietà Cannobio (VB)

Il Santuario della SS. Pietà di Cannobio sorge sul LAGO MAGGIORE, a tre Km. dal confine con la Svizzera.
All'inizio del 1500, là dove oggi sorge il Santuario, continuava la cortina di case e di palazzi che formavano e formano la facciata a lago dell'antico Borgo di Cannobio. In una di queste case abitava la famiglia di Tommaso Zaccheo.
Proprio nella sua casa, nell'inverno del 1522, sono avvenuti dei fatti miracolosi che hanno poi dato origine alla costruzione del Santuario.
Un piccolo dipinto su pergamena (cm. 27,5 X 30), raffigurante Cristo in Pietà tra Maria e Giovanni evangelista, custodito oggi entro una nicchia ricavata al centro dell'altare maggiore, sotto la tavola di Gaudenzio Ferrari, si trovava allora appeso alla parete della camera superiore. Nei giorni 8, 9, 10 e 28 gennaio1522 e poi nei successivi 4 e 27 febbraio, la pergamena fu vista sanguinare. Le ferite del corpo di Gesù si sono ravvivate e gocce di sangue sono scese dal quadretto sulla cassapanca che si trovava sotto. La seconda sera, 9 gennaio, una piccola costola sanguinante, proporzionata al Cristo del dipinto, è uscita dal costato ferito ed è caduta sulla tovaglia sottostante. Fu raccolta in un calice e portata in processione nella Chiesa parrocchiale, dove ancora oggi è custodita, in un prezioso reliquiario che il card. Federico Borromeo ha donato nel 1605. I panni macchiati dal sangue sono rinchiusi nell'urna posta sotto la mensa dell'altare maggiore del Santuario.
Due anni dopo il miracolo si è costituita la cosiddetta “Confraternita della Devozione” che ristrutturò le stanze superiori di casa Zaccheo, ricavandone una piccola cappella.
In questa cappella celebrò la sua penultima messa S. Carlo Borromeo e fu proprio lui a chiedere la costruzione di un grande Santuario per onorare il miracolo lì avvenuto.
Ne affidò il progetto al Tibaldi che per la realizzazione si servì di maestranze locali, dirette dai Beretta di Brissago. Dal 1575 al 1614, con il solo sostegno finanziario di borghigiani e devoti si lavorò per l'erezione della struttura, che poi lungo il 1600 fu arricchita di stucchi, affreschi e tele, fino a raggiungere lo splendore di oggi. 
La facciata del Santuario è più recente; è opera di Febo Bottini che la volle in puro granito rosa di Baveno. Fu completata nel 1908 e nobilitata da alcuni elementi di ornato: le statue del fastigio (due Angeli con i simboli della passione, lancia e spugna), ed il medaglione bronzeo ingentilito da due leggiadri putti che reggono una ghirlanda di nobilissima fattura, opera del cannobiese Luigi Branca. Nel medaglione è raffigurata, interpretandola, l'effigie miracolosa della Santa Pietà.
Di buona fattura è pure il portale ligneo con le due raffigurazioni della Pietà e della Vergine del Rosario. Molto bello è il tiburio, gemello di Madonna di Ponte a Brissago e di Madonna di Campagna, a Pallanza.

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Una poesia per Mons. Fasola e sull'evento di Cannobbio

In riva al lago Maggiore

un messaggio d'amore..

porta la storia d'un Padre

con l'affetto di madre

Nacque a Maggiora

e non vedeva l'ora

d'esser a Dio consacrato

un sogno tanto amato

realizzato

fino ad esserne consumato

dal Piemonte partito

la Sicilia come mito

tutti amava

e sognava

partecipe dell'altrui dolore

con la speranza nel cuore

una Chiesa

con la mano tesa

a portar misericordia nuova

e superar la prova

un canto trova

accende un barlume

come un lume

bagliore nelle sere

alla ricerca di cose vere...



a cura di Giuseppe Serrone



11 Ottobre 2017 - Turismo Culturale