Domenica 3 Dicembre 2017 I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B) Foglietto, Letture e Salmo

3  Dicembre 2017  I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B)

Grado della Celebrazione: DOMENICA Colore liturgico: VIOLA

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L’anno B del ciclo triennale delle letture è l’anno di Marco. Eppure non si comincia dal paragrafo iniziale del suo Vangelo, che sarà oggetto di lettura nella settimana prossima: si parte dal punto in cui terminerà la penultima settimana dell’anno, con l’annuncio del ritorno di Cristo: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”. A prima vista, ciò può sembrare strano ed illogico. Invece, nella liturgia, c’è un’estrema sottigliezza nell’effettuare il cambiamento di tono: la nostra attenzione, che nelle ultime settimane era centrata sul giudizio e sulla fine del mondo, si sposta ora sul modo di accogliere Cristo: non con paura, ma con impazienza, proprio come un servo che attende il ritorno del padrone (Mc 13,35). In quanto preparazione al Natale, l’Avvento deve essere un tempo di attesa nella gioia. San Paolo interpreta il nostro periodo d’attesa come un tempo in cui dobbiamo testimoniare Cristo: “Nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” (1Cor 1,7).

Domodossola, le barriere si abbattono giocando a basket

Con i giocatori di Cestistica e Rosmini
Mattinata all’insegna dell’amicizia e dello sport quella trascorsa domenica (26 novembre) da una quarnatina di ragazzi dell’Anffas di Domodossola e della Sacra famiglia di Verbania. «E’ stata incredibile la voglia di divertirsi e di stare insieme che si è respirata» dice Andrea Bracali, dell’associazione Dottor clown che nella palestra del Rosmini ha accompagnato i ragazzi insieme ad agli altri volontari e a un gruppo di giocatori della Cestistica Domodossola e del Basket Rosmini. Foto Alberto Lorenzina
lastampa.it

I santi del 29 Novembre 2017


San FRANCESCO ANTONIO FASANI   
Lucera, 6 agosto 1681 - Lucera, 29 novembre 1742
Nacque da umile famiglia il 6 agosto 1681 a Lucera, antica città della Daunia nelle Puglie. Entrò da giovane tra i Minori conventuali del suo paese natale per poi completare il Noviziato a Monte Sant'Angelo sul Gargano dove emise la professione il 23 agosto 1696. Quindi, nel 1703 fu mandato nel convento di Assisi dove fu ordinato sacerdote l'11...
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Santi TIRIDATE III, ASKHEN E KHOSROVIDUKHT   Famiglia reale armena
III-IV secolo
Tiridate III, re di Armenia, ebbe il trono da Diocleziano (294), ne fu cacciato da Narsete e lo riottenne nel 298. Convertitosi al cristianesimo, ne appoggiò la diffusione in Armenia collaborando con San Gregorio l’Illuminatore. Rimase ucciso nel corso di una rivolta....
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San SATURNINO DI CARTAGINE   Martire
m. 304
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San BERNARDO DI NAZARETH   Vescovo
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San SATURNINO DI TOLOSA   Vescovo e martire
sec. III
Molto probabilmente non ebbe alcuna relazione con gli apostoli come viene sostenuto dalla leggenda. Egli, infatti, provenendo dall’Oriente avrebbe raggiunto Tolosa nel 250 quando erano consoli Decio e Grato. Nominato così vescovo di Tolosa si occupò di diffondere il Vangelo di Dio visto che all’epoca in Gallia vi erano poche comunità di cristiani e quelle po...
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San FILOMENO DI ANCIRA   Martire
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Sant' ILLUMINATA   Venerata a Todi
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San GIACOMO DI OSROENA   
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San RADBODO DI UTRECHT   Vescovo
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San FEDELE DI MERIDA   Vescovo
Grecia ? – Mérida (Spagna), novembre 572 ca.
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Santi DEMETRIO E BIAGIO DI VEROLI   Martire
Palestina, I sec. – Veroli (Frosinone), I sec.
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Beato ANSELMO SIMON COLOMINA   Sacerdote gesuita, martire
Valencia, Spagna, 18 marzo 1877 – El Saler, Spagna, 29 novembre 1936
Padre Anselmo Simón Colomina nacque a Valencia il 18 marzo 1877 ed entrò nella Compagnia di Gesù nel 1895, ove divenne sacerdote. Fu Rettore del Collegio di San José. Venne assassinato ad El Saler il 29 novembre del 1936, all’età di 59 anni....
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Beato ALESSANDRO DA RIPA   Religioso Francescano
† 1525
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Beato PIETRO ANDADOR   Mercedario
Contemporaneo di San Pietro Nolasco, il Beato Pietro Andador, prese parte alla riconquista di Valenza (Spagna), alla corte del Beato Giacomo 1°, Re d'Aragona. Dopo la vittoria sui mori, il Re Aragonese lo nominò Barone d'Arguines, ma qualche anno più tardi donò tutti i suoi beni all'Ordine Mercedario ricevendo l'abito come cavaliere laico per servire solo Ge...
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Beata MARIA MADDALENA DELL'INCARNAZIONE (CATERINA SORDINI)   Fondatrice
Porto Santo Stefano, Grosseto, 17 aprile 1770 - Roma, 29 novembre 1824
Nasce a Porto Santo Stefano, nel Grossetano, il 17 aprile 1779. A sedici anni Caterina Sordini, promessa in sposa ad un marittimo di Sorrento, si oppone al matrimonio ed entra nelle Terziarie Francescane di Ischia di Castro, nel Viterbese e riceve l'abito religioso il 26 ottobre 1799. Cambia il nome in Maria Maddalena dell'Incarnazione e nel Capitolo del 20 ...
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Beati DIONIGI (DIONISIO) DELLA NATIVITà (PIETRO BERTHELOT) E REDENTO DELLA CROCE (TOMMASO RODRIGUEZ)   Martiri
Dionisio nacque a Honfleur in Francia il 12 dicembre 1600. Cosmografo e capitano di navi dei re di Francia e Portogallo, nel 1635 si fece Carmelitano Scalzo a Goa, dove nel 1615 aveva professato come "converso" anche Thomas Rodriguez de Cuhna (nato nel 1598), portoghese, assumendo il nome di Redento della Croce. Mandati nell'isola di Sumatra, in Indonesia, i...
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Beato EDOARDO BURDEN   Martire
m. 1588
Sacerdote inglese che, dotato di estrema bontà, sapeva guarire le infermità spirituali e consolare i penitenti. Fu ucciso a York, Inghilterra, durante la persecuzione della regina Isabella I....
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Beati GIORGIO ERRINGTON, GUGLIELMO GIBSON E GUGLIELMO KNIGHT   Martiri
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Beato BERNARDO FRANCESCO HOYOS   Sacerdote gesuita
Torrelobatón, Spagna, 21 agosto 1711 - Valladolid, Spagna, 29 novembre 1735
P. Bernardo Hoyos nacque in Torrelobaton, città distante quattro leghe da Valladolid, il 21 agosto del 1711, giorno di S. Francesco di Sales. Entrò nella Compagnia di Gesù l'11 luglio 1726, a quindici anni di età. Il 3 maggio 1733, ossia a 22 anni, riceveva le prime idee sulla devozione al Cuore di Gesù, e «adorando i...
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Cenacolo Rosminiano Triveneto, giovedì 30 a Padova la lezione inaugurale

“Verità ed equivoci della modernità – Ripensare la filosofia attraverso Rosmini”: è il titolo della lectio inauguralis che Giuseppe Goisis – introdotto da Alberto Peratoner – terrà, giovedì 30 novembre, alle ore ore 15, alla Facoltà teologica del Triveneto, a Padova. L’occasione è la nascita del Cenacolo Rosminiano Triveneto.
Il Cenacolo è una libera associazione, costituita il 24 marzo scorso, sorta dall’incontro di studiosi del pensiero del beato Antonio Rosmini nell’area triveneta. Il Cenacolo è nato dall’esigenza condivisa di mettere in comunicazione gli studiosi e cultori di Rosmini nel Triveneto, e si prefigge di promuovere gli studi rosminiani e la conoscenza di Rosmini quale risorsa per ripensare a fondo la modernità (di qui il senso della questione trattata nella Lectio inauguralis), soprattutto tra le giovani generazioni di studiosi. Le attività si svolgeranno lungo tre filoni: 1) un piano di continuità di ricerca e aggiornamento, con un seminario permanente ospitato dalla Facoltà Teologica del Triveneto; 2) eventi occasionali, quali giornate di studio, convegni o presentazioni di opere; 3) produzione scientifica in termini di pubblicazioni, nelle due forme della stampa e della veicolazione nel web, per la quale si pensa all’istituzione di un sito dedicato.
Nella realtà del neonato Cenacolo, Venezia viene a distinguersi per una particolare densità di studiosi impegnati da anni sulla figura del Roveretano: oltre al presidente del Cenacolo, Alberto Peratoner, docente alla Facoltà Teologica del Triveneto e al Seminario Patriarcale di Venezia, ci sono i docenti dell’Università Ca’ Foscari Giuseppe Goisis e Paolo Pagani e alcuni giovani studiosi lì formatisi, come Gian Pietro Soliani e Damiano Simoncelli; poi i docenti del Marcianum e del Seminario Patriarcale di Venezia mons. Gianni Bernardi e don Luciano Barbaro, nonché Cristian Vecchiet, docente allo Iusve.
Tra i rosministi di ultima generazione figurano poi alcuni ex studenti del Marcianum, come Francesca Mastracchio e Valentina Parpinelli, entrambe laureatesi con tesi di alto profilo scientifico sul pensiero di Rosmini, e attualmente coinvolte in convegni e iniziative accademiche nazionali di studi rosminiani
in Gente Veneta

Rosmini, difensore della persona contro tutte le utopie

In questi giorni, il 18 novembre, ricorre il decimo anniversario della beatificazione di Antonio Rosmini (Rovereto 1797-Stresa 1855), uno dei principali intellettuali italiani dell'800, cattolico liberale e fondatore di una congregazione religiosa, pensatore del Risorgimento e ispiratore di una riforma della Chiesa anticipatrice del Concilio Vaticano II. Che questa ricorrenza stia passando quasi inosservata, corrisponde alla scarsa notorietà del suo pensiero, che però proprio oggi, specialmente nel campo politico-sociale, potrebbe essere di grande ispirazione. 
Al contrario, nel mondo politico-economico italiano di fine 800 era ancora ben diffusa la consapevolezza dell'importanza del pensiero rosminiano per il rinnovamento della società civile. Secondo Giuseppe Toniolo, per Rosmini, che è uno dei "nostri celebri filosofi e scrittori di cose civili in genere", "la civiltà rimaneva essenzialmente spirituale, ma la prosperità economica figlia dell'operosità meritoria diveniva doverosa e nobile, in quanto a quella conduce". E il grande economista e politico Fedele Lampertico attestava che "Rosmini aveva sul pensiero in Italia un effetto benefico non meno ampio di Aristotele o Kant". 
Contro il rischio di ridurre l'uomo nella dinamica economica soltanto al consumatore, in ricerca di una felicità "materiale", Rosmini proponeva una riflessione politico-economica incentrata sull'unità armonica della natura umana per cui l'economia deve sempre essere considerata in vista dell'appagamento della persona. È quindi in cerca di una nuova comprensione del liberalismo moderno che per lui è "un sistema di diritto e insieme di politica, il quale assicura a tutti il prezioso tesoro di loro giuridiche libertà". 
Da un lato, egli ritiene certamente la concorrenza una dinamica sociale positiva in quanto contribuisce al perfezionamento e all'avanzamento della persona attraverso la coltivazione delle sue capacità. Dall'altro lato, però, e proprio per questo, tale concorrenza non deve ledere i diritti fondamentali e cioè il rispetto della persona umana. Rosmini ragiona quindi sulla "giustizia che precede al diritto di concorrenza", per evitare che il significato di concorrenza si perda, come egli dice, in "molti noiosi sofismi".
Un'idea molto simile sul giusto equilibrio tra concorrenza e solidarietà sarebbe stata elaborata in Germania un secolo dopo sotto il titolo di "Economia sociale di mercato": precisamente in un momento in cui la condanna del pensiero rosminiano da parte della Chiesa, avvenuta nel 1888, è riuscita a far tacere le voci di un Toniolo o un Lampertico. Così, la piena riabilitazione del suo pensiero nel 2001, insieme alla beatificazione avvenuta dieci anni fa, non sono infatti nient'altro che una tarda approvazione ecclesiastica della grande sintesi che Rosmini ha elaborato tra la visione cristiana dell'uomo e della società, da un lato, e un ordinamento politico liberale, dall'altro. Sintesi che nel XX secolo è stata proposta da Luigi Sturzo, il quale, infatti, nonostante la condanna, si è ispirato al pensiero rosminiano; oppure da Wilhelm Röpke, che presenta una riflessione di straordinaria somiglianza a Rosmini quando afferma: "il liberalismo non è nella sua essenza abbandono del cristianesimo, bensì il suo legittimo figlio spirituale".
Come Sturzo e Röpke poi, così già Rosmini aveva riflettuto profondamente sulla dinamica problematica del mercato e dei sistemi moderni che lui chiamava "astratti" (prevedendo del resto una tendenza sempre più forte verso un mondo "virtuale"): essi non sono "produttori" di morale che al contrario "consumano", come avrebbe detto poi Röpke. E proprio per questo motivo, il Roveretano teorizzava nella suaFilosofia della politica un "giusto equilibrio" tra la logica delle masse e l'intelligenza degli individui. 
Lungi da condannare la prima, e quindi riconoscendo pienamente le dinamiche della società moderna, sottolineava però l'urgenza di coltivare la seconda, tramite filosofia, religione, educazione. La prospettiva rosminiana pone così una grande fiducia nell'individuo: è scettica nei confronti della pretesa di quei programmi governativi che Rosmini chiama "perfettisti" in quanto pretendono di poter migliorare l'uomo con mezzi politici. Contro tale deresponsabilizzazione dell'individuo nelle utopie politiche moderne, Rosmini fu tra i più grandi fautori di un'unità italiana federale e sussidiaria, sulla base del principio costituzionalistico. Ma già nel 1849 vide la messa all'indice delle sue due opere principali di riforma della società e della Chiesa, ossia La costituzione secondo la giustizia sociale, e Le cinque piaghe della Santa Chiesa.
Un amico non ha però mai lasciato Rosmini, filosofo della giustizia sociale e teologo della provvidenza: Alessandro Manzoni. Egli conobbe Rosmini nel 1826 a Milano e nel 1855 lo troviamo sul suo letto di morte. "Duplice vertice sublime di unica fiamma", così Fogazzaro definì l'importanza della loro amicizia per la cultura italiana. Riscoprire Rosmini oggi, per ricompletare tale quadro, sembra pertanto un compito tanto affascinante quanto necessario.
di Markus Krienke - sussidiario.net

Il Segretario della Cei Galantino vicino a Rosmini


di: Armando Matteo
Risale a Sofocle la sentenza per la quale l’uomo è in verità ciò che di più misterioso, inquietante e difficile da afferrare nella sua totalità che esista al mondo. Ed è per questo che da sempre l’uomo pone a se stesso la domanda circa la propria vera identità. “Chi sono io?” e “chi è l’uomo?” sono in verità interrogativi ai quali nessuno può sfuggire. Siamo sempre un mistero a noi stessi; forse la cosa più misteriosa per noi stessi.
E dall’invocazione stupita del salmista che chiede all’Onnipotente: «Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?» (Sal 8,5) sino ai penetranti versi del prigioniero Dietrich Bonhoeffer: «Chi sono io? Spesso mi dice questo o quello/ che dalla cella in cui sono tenuto/ esco disteso, lieto e risoluto/ com’esce un signore dal suo castello./ Chi sono? (…)/ Sono io veramente ciò che gli altri dicono di me?/ O sono soltanto ciò che io stesso conosco di me? (…)/ Chi sono? Questo sono o sono quello?/ Sono oggi uno, domani un altro?/ Sono io l’un l’altro insieme? (…)/ Chi sono? Por domande così da soli è a scherno mio./ Chiunque io sia, tu mi conosci, tuo io sono, o Dio!» – la  ricerca di una risposta alla domanda «chi è l’uomo?» è stata al centro della speculazione umana, filosofica, teologica e al cuore delle infinite espressioni dell’arte. Quella risposta, infatti, non è cercata per un mero fine intellettuale, per mettere a posto un problema tra tanti: quella risposta è desiderata perché da essa dipende l’orientamento che si dona alla propria esistenza, il valore che si riconosce o meno alla relazione con gli altri e con il mondo che ci circonda, il sentimento con il quale ci volgiamo a considerare le potenzialità ed i limiti di cui è impastata la nostra vita. E questo vale per ieri come vale per oggi.
Anche nel nostro tempo, infatti, dietro scelte differentissime intorno ad un medesimo tema, a sostegno di tesi assolutamente inconciliabili su aspetti del vivere e del morire si possono trovare diverse «antropologie», cioè diverse risposte all’interrogativo che ci ricorda che l’uomo è un grande mistero. D’altro canto la verità dell’uomo, della sua autentica identità, «è una verità non semplicemente da comunicare, ma anche da vivere».
Queste ultime parole appartengono al vescovo Nunzio Galantino, attuale segretario generale della Conferenza episcopale italiana. Il suo è un volto molto noto soprattutto per le sue nette prese di posizione pubblica in merito ai temi della giustizia e della necessaria solidarietà verso le persone più svantaggiate dai sistemi politici ed economici attuali. È pure nota la sua particolare vicinanza di stile e di orientamento ecclesiale e pastorale a papa Francesco, che non a caso lo ha chiamato dalla terra di Calabria, dove da poco tempo monsignor Nunzio Galantino aveva iniziato il suo ministero episcopale, a ricoprire appunto l’attuale importante compito di segretario generale della CEI.
Se tutto questo è noto e non solo nella cerchia del mondo cattolico, meno noto è l’altra parte della storia del vescovo Galantino. Ci riferiamo alla sua lunga carriera di docente di antropologia filosofica e alla sua feconda opera di scrittore di dense e profonde opere proprio in merito a quel grande e affascinante mistero che da sempre l’uomo è a se stesso.
A gettare luce su questo aspetto della storia di vita dell’attuale Segretario Generale della Cei ci pensa ora un bel saggio a firma del sacerdote calabrese Pietro Groccia. Si tratta di un testo lungamente preparato, scorrevole nella lettura, chiaro nell’impostazione e dotato di un apparato bibliografico imponente.
Nell’Introduzione, dopo aver ricordato le provocazioni teoretiche ed etiche della cultura contemporanea alla riflessione dedicata all’uomo, Groccia presenta il piano del suo saggio con le seguenti parole: «Nel primo capitolo saranno esaminate le caratteristiche peculiari dei riduzionismi antropologici tra modernità e postmodernità; nel secondo prenderemo in esame l’antropologia fenomenologica-personalistica di Nunzio Galantino; nel terzo considereremo la “storicità, l’incarnazione – corpo e corporeità – e vocazione”, che il nostro chiama dimensioni/costanti filosofiche dell’universo personale; nel quarto sarà la sfida educativa orientata ad un nuovo progetto di persona a focalizzare l’interesse della nostra ricerca».
Non essendo certo qui possibile una presentazione sistematica dell’intero saggio di Groccia, abbiamo scelto di segnalare alcuni punti particolarmente significativi proprio per conoscere più da vicino lo sfondo culturale che anima ancora oggi l’azione pastorale del vescovo Galantino.
Partiamo dalle matrici filosofiche della sua antropologia personalistica. Groccia ne individua ben tre: «In primis la storicità come fedeltà alla terra e al vissuto, che si ispira alla filosofia di Bonhoeffer (…); poi il pensiero personalista, che risente dell’influsso di Mounier, Buber, Lévinas, Maritain e Guardini». Una terza matrice è poi individuata nella vicinanza di Galantino a Rosmini: «Io non so ipotizzare – scrive sempre Groccia – come Galantino si sia avvicinato a Rosmini, divenendone uno dei più accreditati interpreti contemporanei, posso solo supporre che sia stato l’interesse per la persona rinvenuto in Bonhoeffer, probabilmente, a farlo guardare retroattivamente al patrimonio esistenzialistico-personalistico-intellettualistico del filosofo roveretano. In effetti, guardare a Rosmini ha significato per il nostro ritrovare la traccia di un’argomentazione declinata come espressione dell’integrità della persona. Il tutto del suo pensiero, infatti, è che l’individuo è persona».
Il secondo punto che vorremmo segnalare è la priorità che la categoria di relazione possiede per Galantino nello sforzo teoretico di pensare l’uomo, cioè di andare fino in fondo a coglierne l’identità. Ricostruisce Groccia così questo dato: «Galantino tratteggia, così, un progetto relazionale dove l’esistenza dell’altro, il suo esistere, il suo “essere vicino a me”, sarà il nuovo della filosofia antropologica. Perciò, ogni forma di ripiegamento su sé stessi è, per il nostro, contraria alla dimensione personale. Ciò equivale a dire che partecipare all’umanità dell’altro uomo significa considerare l’uomo-persona come una relazione di relazioni, nel senso che l’ontologia dell’umano è sempre un’ontologia relazionale. Infatti, non c’è antropologia originale né opportunità di effettiva realizzazione umana, se non dove sia riconquistata la pienezza del rapporto con altri (…). L’uomo, quindi, è colui che costitutivamente si trascende per incontrare l’altro, che, dunque, partecipa all’essere altrui senza annientarlo, in una relazione che Galantino, riecheggiando Buber, non esiterebbe a chiamare agapica».
Il terzo ed ultimo elemento che vorremmo richiamare all’attenzione del lettore riguarda la stretta correlazione che, come Groccia approfonditamente coglie ed evidenza, esiste per Galantino tra prassi educativa e antropologia, ovvero di come sia oggi recuperare proprio sul terreno assai sfidato della cura concreta delle nuove generazioni una concezione unitaria della persona. Commenta ed esplicita Groccia: «solo ciò che è persona è veramente educabile, solo ciò che è educabile è veramente persona. Potrebbe sembrare un gioco di parole, ma non lo è, perché un educatore si mostrerà all’altezza del suo ruolo nella misura in cui si mostra in grado di credere costantemente anella possibilità dell’educando di diventare a sua volta persona-relazione. In tale esperienza la relazione esprime l’inter-esse che sorge tra l’educatore e l’educando nelle forme di un incontro teso a ricomporre la presenza dell’altro in una dialettica vivente di interpretazioni, significati e sensi che configurano l’avventura educativa verso il progressivo rappresentarsi e costituirsi di un’identità».
Ci sembra di poter affermare che già questi brevi spunti possano sollecitare la lettura di questo saggio dedicato all’antropologia personalistica di Nunzio Galantino; un saggio poi arricchito dallaPresentazione di Giorgio Campaninidalla Prefazione di mons. Francesco Savino e dallaPostfazione di Gennaro Cicchese.
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