Video Casa di Ospitalità Religiosa Sacro Monte Calvario di Domodossola

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Nel cuore delle Alpi, il Sacro Monte Calvario di Domodossola, sul colle di Mattarella, è raggiungibile in auto o a piedi dal centro cittadino percorrendo una comoda mulattiera, una salita ben illuminate e fruibile anche la sera, accompagnata dalle prime sette cappelle della via crucis. Dal 2003, con gli altri Sacri Monti piemontesi e lombardi, è Patrimonio dell'Umanità Unesco. La sua edificazione parte nel 1657 per volontà di due frati cappuccini che volevano rappresentare, con immagini e statue a grandezza naturale, la passione e morte di Gesù: una sorta di "Bibbia pauperum", un modo per avvicinare i fedeli. Per il complesso una ripresa dei lavori e una rinascita nei primi decenni dell'Ottocento con l'arrivo di Antonio Rosmini che qui ha fondato il suo Istituto della Carità. Hanno lavorato al Sacro Monte domese l'importante plasticatore Dionigi Bussola, protostatuario del Duomo di Milano, e i suoi allievi; all'interno del santuario, sulla sommità del colle, le due cappelle della crocifissione e della deposizione dalla croce e tutta la maestria del Bussola: colpisce la capacità immersiva, estetica e tecnica dello stesso nel plasmare la materia, così una sinfonia di emozioni avvolge lo spettatore. Dopo la visita al sepolcro, particolarità di questo Sacro Monte è la presenza della cappella numero 15, quella della Resurrezione o del Paradiso. Solitamente la via Crucis ne conta 14. Salite ancora qualche gradino: vi accoglierà il parco del Colle di Mattarella con i resti dell'antico castello medievale e con una bellissima vista su Domodossola, sulla piana ossolana, sulle montagne circostanti.


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Eredità. Gli ultimi mesi di vita di Antonio Rosmini tra fede, filosofia e memoria


Tra gli amici che arrivano a Stresa per l’ultimo incontro, si ritrovano alcune tra le voci più alte dell’Italia culturale dell’Ottocento, da Manzoni a Tommaseo e Bonghi
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- - Patrizia Wyss / Alamy Stock Photo

Avvenire Ludovico Maria Gadaleta martedì 1 luglio 2025 Avvenire

«È già il quarto mese che sono ammalato d’incomodi intestinali e passo la mia vita oziando tra il letto ed il lettuccio», lamenta Antonio Rosmini in una lettera all’amico Gustavo Cavour nell’aprile 1855.

Dall’ottobre precedente si trova nuovamente a Stresa, ristabilito dal grave malessere che lo ha colpito dopo la famigerata cena a Rovereto, in cui ha scoperto di essere stato avvelenato. Gli antichi problemi di stomaco e di fegato, troppo trascurati, si sono riacutizzati. E se fino all’inizio del 1855 la salute gli ha consentito di rispondere alle lettere, governare l’Istituto e persino proseguire la stesura della Teosofia, adesso deve sospendere e mettersi a letto. Brevi e occasionali miglioramenti lo illudono che si tratti di una recrudescenza momentanea, ma a maggio la diagnosi è chiara: «I medici non danno alcuna speranza», comunica laconico il segretario don Francesco Paoli.

La notizia si diffonde rapidissima e comincia un profluvio di lettere. Tutti vogliono notizie, promettono preghiere e suggeriscono rimedi medici e spirituali. Poi iniziano ad arrivare a Stresa gli amici per l’ultimo incontro. Fra i primi c’è don Paolo Orsi, antico amico di famiglia, che da Rovereto giunge per restare fino all’ultimo con lui. Da Torino ecco Pier Alessandro Paravia, altro compagno di gioventù, adesso affermato docente universitario. Con lui è il giovane Ruggero Bonghi, destinato a promettente carriera politica, in passato ospite più volte della comunità religiosa di Stresa: ha trascritto per i posteri le Stresiane, i preziosi dialoghi di cui era stato testimone, fra don Antonio e Alessandro Manzoni.

Anche quest’ultimo piomba di corsa a Stresa, in compagnia del figlio Stefano e di don Alessandro Pestalozza, energico difensore della filosofia rosminiana nel seminario di Milano e maestro, tra gli altri, di Antonio Stoppani. Pestalozza singhiozza di nascosto, mentre vede i due amici abbracciarsi. «Rosmini è sempre Rosmini!», dice don Lisander. «E Manzoni è sempre Manzoni, e lo sarà anche dopo la mia morte», risponde l’infermo. «Speriamo che Dio la voglia ancora conservare tra noi, e darle tempo da condurre a termine tante belle opere, che ha incominciato!», lo incalza lo scrittore. «No, no; le opere che Dio ha incominciato, sarà Lui a compierle con i mezzi che sono nelle sue mani, che sono moltissimi e che noi non conosciamo!» ribatte il filosofo. Arriva anche il Tommaseo, ormai cieco. Prega con fervore il rosario a fianco di Manzoni. «Cerca di essere fedele a Dio e di avere sempre presente il grande affare dell’anima. Se salverai la tua anima, avrai salvato tutto», gli raccomanda Rosmini.

Gli ultimi pensieri di don Antonio sono per l’Istituto della Carità, la congregazione da lui stabilita nel 1828. Chiede carta, pennino e calamaio e di suo pugno verga un foglio con cui nomina il vicario che dovrà governare dopo la sua morte in attesa di eleggere un successore. «Che il precetto del Signore», ossia la carità di Dio e del prossimo, «risplenda sulla terra di quella gloria di cui risplende in cielo», comincia il testo. Dopo un centinaio di opere, è l’ultimo suo scritto autografo.

Quando riceve il Viatico, mezza Stresa è presente, si accalca in corridoio e sulle scale, commossa. Rizzatosi sul letto, il malato recita a chiara voce il Confiteor e si fa leggere ad alta voce dal Paoli la professione di fede. Si sforza di accompagnarla parola per parola a voce sostenuta; poi, non reggendo alla fatica, continua sommesso. Vuole rendere davanti a tutti una nuova e solenne testimonianza del suo attaccamento alla fede cattolica e alla Chiesa, che ha sempre professato con gli scritti, con la predicazione e con le opere, ma che negli ultimi anni è stato messo in dubbio da malevoli avversari.

Vengono i maestri rosminiani a congedarsi. «Vedete, miei cari Figli, come tutto passa, e svanisce… è il tempo del raccolto. Il contadino che ha sudato e faticato, si conforta alla fine per la messe che raccoglie: così è di chi serve Dio e lavora per Lui», li conforta. E li invita: «Sforzatevi di diventare sempre più perfetti e fedeli. Vivete non secondo la carne, ma secondo lo spirito. Io non vi dimenticherò mai». Nel ricevere poi l’estrema unzione, chiede perdono ai confratelli «dei difetti commessi nel suo uffizio; ripete di averli sempre amati come figli; li esorta all’orazione, alla mortificazione… benedice tutto l’Istituto della Carità. La scena è commoventissima: molti piangono a calde lacrime, tutti hanno il dolore e la tenerezza dipinta sul volto», riporta un testimone.

I giorni passano e le condizioni sono sempre più critiche. Per lettera giunge la benedizione apostolica di Pio IX. I vescovi di Novara e di Ivrea, Castelli e Moreno, vengono a benedire e ringraziare Rosmini «per le sante fatiche per noi sostenute». «Ricordatevi di noi quando sarete in paradiso e pregate per me, per la mia diocesi e per tutta la Chiesa!» gli raccomanda mons. Moreno. «Grazie, grazie! Lo farò, lo farò!», mormora il malato, confuso da tante lodi e ormai impacciato nella parola.

È ormai l’ultima ora. Da giorni non può più mangiare né bere; è necessario umettargli le labbra con acqua e aceto. Gli si dà anche il laudano per alleviargli i dolori, anche se, giorni addietro, il malato aveva risposto a chi lo compassionava che «non sono nulla a paragone di ciò che ha patito Gesù per noi». Il 30 giugno l’occhio si vela, il sorriso svanisce, i gemiti si levano più forti, le membra iniziano ad agitarsi. Giunge il deliquio, che sembra mitigarsi durante le preghiere per gli agonizzanti che confratelli e amici mormorano piangendo. Alla una e mezza del 1° luglio, Rosmini si ricompone e in silenzio esala l’anima. È la solennità del Preziosissimo Sangue di Cristo, devozione a lui carissima fin dalla giovinezza. Manzoni si guarda attorno: su uno scaffale è aperta una copia della Commedia di Dante, aperta – quasi presagio - sul Paradiso.

Festa della Cella, tanti eventi per ricordare l'arrivo di Rosmini al Calvario

 


La città di Domodossola si prepara per la Festa della Cella, che celebra il 197° anniversario dell’arrivo del beato Antonio Rosmini al Sacro Monte Calvario, avvenuto il 20 febbraio 1828. Sono dunque in programma diversi eventi, tra il 15 e il 23 febbraio.

Le celebrazioni iniziano sabato 15 febbraio alle 16.00 al collegio Rosmini di Domodossola: l’auditorium “don Bertamini” ospita la conferenza dal titolo “Antonio Rosmini, teologo in ginocchio”, tenuta da monsignor Antonio Staglianò, presidente della Pontificia Accademia di teologia. Alle 18.00 poi, in Collegiata la solenne celebrazione eucaristica presieduta dallo stesso monsignor Staglianò. Infine, alle 19.45 una cena al Sacro Monte Calvario.

Si prosegue poi giovedì 20 febbraio nell’auditorium “don Bertamini” del collegio Rosmini per la proiezione dello sceneggiato “In cammino con Antonio Rosmini”, presentato in anteprima nazionale a Rovereto nel mese di gennaio.

Infine, domenica 23 febbraio il tradizionale “Concerto della Cella”, in programma alle 18.00 nella sala Bozzetti del Sacro Monte Calvario: la serata inaugura la stagione 2025 della Cappella Musicale del Calvario.

Ossola News




Hanno preso il via le celebrazioni per ricordare il 197° anniversario della fondazione del nostro Istituto: è nota come festa della Cella l'insieme di queste iniziative di approfondimento culturale e spirituale unitamente alla Celebrazione Eucaristica, perché si vuole ricordare la povera cella in cui Rosmini fondo il 20 Febbraio l'Istituto della Carità



La città di Domodossola si prepara alle celebrazioni per la festa della Cella 2025 di Antonio Rosmini

 

Dal 15 febbraio diversi appuntamenti per il 197° anniversario dell'arrivo di Antonio Rosmini a Domodossola

La città di Domodossola si prepara alla celebrazione della festa della Cella che ricorda l'arrivo del Beato Antonio Rosmini al Sacro Monte Calvario il 20 febbraio del 1828. Il programma, organizzato dal centro di spiritualità dei padri Rosminiani guidato dal rettore don Gianni Picenardi, prevede eventi che dureranno più giorni. Sarà presente per una conferenza e per la messa in Collegiata monsignor Antonio Staglianò, presidente della Pontificia Accademia di teologia.

Il primo appuntamento è previsto il 15 febbraio alle 16.00 all’auditorium “Don Bertamini” del collegio Rosmini, con la conferenza di monsignor Staglianò dal titolo “Antonio Rosmini, teologo in ginocchio”. Sarà poi lo stesso monsignor Staglianò a presiedere. sempre il 15 alle 18.00 nella chiesa Collegiata, la messa per il 197 ° anniversario dell'arrivo del Beato Antonio Rosmini.

Giovedì 20 febbraio alle 20.30 all’auditorium don Bertamini si terrà la proiezione dello sceneggiato “In cammino con Antonio Rosmini”, con la regia di Herman Zadra. Interpreti: Gianluca DanieliMartino CasarottoMartina ScrinziNicola Marchiori. Una produzione già presentata in prima nazionale a Rovereto lo scorso 10 gennaio.

Infine, il 23 febbraio alle18.00 nella sala Bozzetti del Sacro Monte Calvario si svolgerà il “Concerto della Cella”, che segnerà l'inizio della stagione concertistica della Cappella Musicale del Sacro Monte Calvario.

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