Un mosaico di religioni e etnie: albanesi, turchi, bosniacchi, gorani, rom, musulmani, sufi, ortodossi, cattolici e una piccola comunità ebraica. E' questa l'essenza di Prizren, soprannominata la 'Firenze del Kosovo', per edifici quali la moschea di Sinan Pasha (1615), la più antica del Kosovo e quella dal minareto più alto di tutti i Balcani, la madrasa, l'hammam di Gazi Mehmnet Pasha (1573-74) in funzione fino al 1926, il piccolo museo etnografico e quello archeologico o le sue Tekke (conventi sufi) tra cui quella halveti, risalente al 1605 che conta circa 15 mila fedeli ed è attiva ininterrottamente dal 1713.
Un triangolo religioso, dove a pochi passi dalla moschea di Sinan Pasha con i suoi interni affrescati, si trovano la chiesa ortodossa di San Giorgio, poi la cattedrale cattolica della Madonna del soccorso (del 1870), o sulle alture verso la fortezza, la chiesa ortodossa di San Salvatore del 1330 seguita dalla chiesetta ortodossa di san Nicola (del 1331).
Prizren è anche nota per il suo artigianato, con la lavorazione - sin dal 1400 - della filigrana. Ogni anno, fanno sapere dall'Associazione delle Agenzie di Sviluppo regionale del Sud, la città è visitata da circa 100 mila turisti provenienti soprattutto da Albania, Germania, Turchia, Repubblica Ceca, Gran Bretagna, Giappone e Francia.
Fra i suoi 117 mila abitanti, Prizren conta anche alcune famiglie ebree. A custodirne la memoria è il presidente della piccola comunità, Votim Demiri. Fino alla seconda guerra mondiale, ricorda, gli ebrei in Kosovo erano circa 550, le sinagoghe erano due, entrambe a Pristina, c'erano due grandi cimiteri - uno dei quali a Prizren - un'anagrafe e una scuola ebraica. ''Oggi in tutto il Paese siamo soltanto 56''. Per questo, la comunità si ritrova per le festività insieme a quelle che vivono in Macedonia, Serbia, Bosnia, Montenegro e Croazia. ''Finora - avverte Demiri - la tolleranza è stata la chiave di questa città, ma siamo in un equilibrio dinamico''. Le cose - conclude - ''possono cambiare in 24 ore''. (ANSAmed)