È stata celebrata ieri la messa della festa della Cella, che ricorda l'arrivo di Antonio Rosmini al Sacro Monte Calvario di Domodossola nel 1828, la celebrazione è stata presieduta dal vescovo di Novara Monsignor Franco Giulio Brambilla e concelebrata dal vicario episcopale don Luigi Preioni, dal rettore del Sacro Monte Calvario don Gianni Picenardi e da numerosi padri rosminiani e sacerdoti di Domodossola e dintorni.
Alla funzione erano presenti suore, ascritti rosminiani provenienti oltre che da Domodossola anche da Stresa, da Milano. Nei primi banchi erano presenti il sindaco Lucio Pizzi e il vicesindaco Franco Falciola,, la presidente dell'Ente di gestione dei sacri Monti del Piemonte Francesca Giordano, e il vice presidente Maurizio De Paoli esponenti delle forze dell’ordine, rappresentanti del Consorzio volontario per il restauro delle Cappelle.
“Rosmini arrivò al Calvario di Domodossola che era un castello diroccato - ha detto Monsignor Brambilla - il suo amico Manzoni si oppose al fatto che volesse trovare casa qui. Rosmini nativo da Rovereto che era a quel tempo sotto l’influsso austriaco si rifugia in questa zona che era sotto l’influenza dei francesi per avere qualche respiro di libertà in più. Passa tutta la Quaresima nella preghiera e nella ricerca della volontà di Dio sul suo futuro”.
Il vescovo ha definito Rosmini l’ultimo pensatore integrale . “Rosmini – ha detto monsignor Brambilla – ha avuto un solo difetto : è nato con un secolo di anticipo”. Il vescovo ha concluso il suo intervento con una riflessione sul libro di Rosmini “Le massime di perfezione cristiana” soffermandosi sulla sesta Massima .
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