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La Pasqua di Resurrezione nei versi dei poeti italiani

MUSEI VATICANI Resurrezione


“Dal sepolcro la vita è deflagrata/ La morte ha perduto il duro agone”, scriveva Mario Luzi nella parte conclusiva della “Via Crucis" del 1999. Fin da Manzoni il tema della Resurrezione ha ispirato la voce di molti poeti, credenti o non credenti, pervasi dal desiderio di Dio

Dalla religiosità profonda dell'autore dei "Promessi sposi" alla mistica carnale di Alda Merini, solo per restare ai secoli a noi più vicini, la Pasqua di Resurrezione fa nascere versi, metafore e immagini, permette al canto dei poeti di fiorire. "Nel signor chi si confida/ col Signor risorgerà" concludeva Alessandro Manzoni "La Risurrezione" - uno degli Inni Sacri del 1812 - con la sua devozione convinta, esortativa. La sua spiritualità resta un "punto di riferimento anche per molti poeti del Novecento", spiega Alessandra Giappi, italianista che molto si è occupata di poesia ispirata dal tema religioso e si è soffermata sul tema della Pasqua in un articolo intitolato "Passione e Resurrezione di Cristo nella poesia contemporanea".

"La pasqua dei poveri" di Carlo Betocchi


Clemente Rebora, Giovanni Raboni, Margherita Guidacci, David Maria Turoldo, Fausto Maria Martini, Giovanni Raboni e Giovanni Testori, tanti sono i nomi che si potrebbero menzionare, le voci dei poeti toccati dal desiderio di comprendere e cantare la Passione e la Resurrezione di Gesù. 

Rebora, scrittore e religioso, nei "Canti dell'infermità", accosta la sofferenza della sua malattia a quella del Christus Patiens e nel suo tormento umano, in una lirica del 1956, cerca di scrutare e capire "l'incomprensibile amore del Padre". 

Il poeta Carlo Betocchi raggiunge vette altissime nella "Pasqua dei poveri", in cui la luce del Cristo accende le vite degli indigenti, illumina il grigiore: 


Forse per noi, che non abbiam che pane,

forse più bella è la tua Santa Pasqua,

o Gesù nostro [...]

e conclude

a noi la pace che verrà operosa

già dentro il cuore e sulla mano sta,

che ti prepara, o Pasqua, e che non ha

che il solo pane per farti festosa.

La ricchezza di questi poveri è lo splendore del Sabato Santo.

Il "Mattutino del venerdì santo" di Cristina Campo


Più dolorose le visioni di Andrea Zanzotto in "Elegia pasquale" - concepita negli anni della Seconda Guerra mondiale - di Leonardo Sinisgalli in "Pasqua 1952" - "Ci è toccata questa valle, questa valle/abbiamo scelta per tornarci a morire./Dove Gesù risorgerà con molta pena" - o di Giorgio Caproni in "Pasqua di Resurrezione" (1986). Mentre Cristina Campo alza un canto elevatissimo in "Ràdonitza (annuncio della Pasqua ai morti)", dove la Risurrezione è avvicinata alla primavera:


[...]
Pasqua d'incorruzione!Nel vento di primavera

l'antica chiesa indivisa

annuncia ai morti che indivisa è la vita:

su lapidi d'ipogei

posa i sepali che ancora tremano

e al centro, al plesso, al cuore,

là dove è sepolto il Sole,

là dove è sepolto il Dono,

il piccolo uovo cremisi del perenne tornare,

dell'umile, irriconoscibile

trasmutato tornare.

Pasqua che sciogli ogni pena!

Margherita Guidacci: "Signore, tu puoi crearci di nuovo"
La poetessa fiorentina Margherita Guidacci tornò in più occasioni sul tema della Pasqua di Cristo. Così si chiudeva una sua lirica, "Resurrezione", pubblicata nel 1999:

[...]

il Signore s'innalza dalla tomba

e s'aprono le tenebre

davanti a Lui come un tempo le onde

del Mar Rosso davanti ad Israele.


Il suo canto si fa accorato in "Echi Finali", dove intravede nella Resurrezione una nuova nascita dell'umanità:


[...]

Chi ci darà coraggio? Dov'è la nostra speranza?

Alto si leva il lamento sopra le nostre vie.

Patria dell'uomo è l'uomo e noi siamo tutti in esilio.

Ma tu ci hai creati una volta, Signore, tu puoi crearci di nuovo.

Spezza il cuore di pietra, dacci un cuore di carne.

Mario Luzi e la "Via Crucis"
Rimasta nella storia è "La Passione" che Mario Luzi scrisse per la Via Crucis del 1999, su richiesta di Giovanni Paolo II. Osserva Alessandra Giappi: "Luzi concepisce una Via Crucis del tutto nuova: in forma di recitativo, è un lungo monologo di Gesù che parla in prima persona, da uomo, rivolgendosi al Padre che è Dio". Un canto altissimo al Divino e all'umano, che si concludeva con la luce proprompente del Redentore:


Dal sepolcro la vita è deflagrata.

La morte ha perduto il duro agone.

Comincia un’era nuova: l’uomo riconciliato nella nuova

alleanza sancita dal tuo sangue

ha dinanzi a sé la via.

Difficile tenersi in quel cammino.

La porta del tuo regno è stretta.

Ora sì, o Redentore, che abbiamo bisogno del tuo aiuto,

ora sì che invochiamo il tuo soccorso,

tu, guida e presidio, non ce lo negare.

L’offesa del mondo è stata immane.

Infinitamente più grande è stato il tuo amore.

Noi con amore ti chiediamo amore.

Amen.

Alda Merini e la parola che salva
La Pasqua è presente nei versi di molte scrittrici, si pensi alla tensione semplice e sincera di Ada Negri: "Aprite! Cristo è risorto e germinano le vite/ nuove e ritorna con l'april l'amore. /Amatevi tra voi pei dolci e belli/ sogni ch'oggi fioriscon sulla terra,/ uomini della penna e della guerra,/ uomini della vanga e dei martelli". Non c'è dubbio, però, che Alda Merini compose tra le poesie più belle sulla Redenzione, perché portava Gesù dentro le ferite della sua vita e lo cantava nelle sue liriche di carnale e appassionata spiritualità. Gesù sulla Croce era specchio della sua umanità piagata, Nel "Cantico dei Vangeli" la poetessa milanese scriveva:


Fuggirò da questo sepolcro

come un angelo calpestato a morte dal sogno,

ma io troverò la frontiera della mia parola.

Addio crocifissione,

in me non c’è mai stato niente:

sono soltanto un uomo risorto.

vaticannews