Lorenzo Peretti è stato sicuramente l’artista meno conosciuto della scuola vigezzina, tra i cui componenti figuravano nomi del calibro di Carlo Fornara, pittore che peraltro ha avuto modo di lavorare con Segantini. Un caso eccezionale quello dei vigezzini, formatisi presso la Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini di Santa Maria Maggiore, nata sulla scia di una tradizione di scuole di pittura della Val Vigezzo ma creata grazie ad un lascito testamentario di Jean Valentini. Scuola in cui si insegnavano le stesse materie delle principali accademie italiane, tra cui la nuovissima pittura en plein air introdotta dagli impressionisti, la pittura di paesaggio, il ritratto. Il gruppo della Val Vigezzo si forma con gli insegnamenti dei docenti locali Enrico e Carlo Giuseppe Cavalli. Una valle periferica, isolata, che però già dal 1700 vanta un’importante tradizione di scuole di pittura, fatta soprattutto di immigrati in Francia e in Inghilterra che, tornando in patria, insegnano agli artisti locali le tecniche apprese all’estero.
Lorenzo Peretti faceva parte di una sorta di triumvirato, completato dal sopracitato Carlo Fornara e Giovanni Battista Ciolina, e dei tre era certamente il meno noto. Questo perché il vigezzino dipinge per soli dodici anni, non espone praticamente mai e soprattutto non apre il proprio studio a nessuno, fatta eccezione per i componenti della propria ristretta cerchia di amici. Rifiuta l’invito di Morbelli a far parte del gruppo dei divisionisti, non aderisce a nessun movimento, non partecipa neanche alle esposizioni dei colleghi. Quale occasione migliore per far conoscere al pubblico moderno l’arte di un pittore locale semisconosciuto ai non addetti ai lavori? La ricerca di Elena Pontiggia scava nella storia espositiva di Peretti e parte da una primissima mostra fatta negli anni ’70 a Santa Maria Maggiore, e poi il vuoto. Paola Poscio, il Museo Immaginario e una serie di collezionisti interessati a ricostruire la storia del pittore hanno contribuito negli anni al ritrovamento e allo studio delle opere di Lorenzo Peretti.
Il percorso espositivo a Casa De Rodis inizia al piano terra, con un autoritratto posizionato sul cavalletto originale dell’artista, immagine veicolo della mostra domese. A confronto sono stati messi altri autoritratti e un ritratto di Peretti realizzato da Carlo Fornara, amico e sodale cruciale della carriera del singolare artista. Anche ai piani superiori della mostra vi sono infatti sezioni dedicate al legame con Fornara e Ciolina, gli unici ad aver realmente vissuto da vicino l’esperienza artistica di Peretti. Nato in una famiglia di artisti, il vigezzino dipinge principalmente paesaggi naturali. La natura, in particolar modo quella della Val Vigezzo, è vista come riflesso dell’infinito, un “riverbero di Dio che è presente in tutte le cose”. Ritratti di contadini, scene bucoliche, lavandaie, un realismo sociale portato su tela con uno stile assolutamente libero e per certi versi anarchico.
Una pittura en plein air che riflette sul rapporto tra uomo e natura, con quest’ultima che prende il sopravvento inglobando i personaggi che compongono le opere. L’uomo, o quello che ne rimane, è spesso una minuscola sagoma nelle opere di Peretti, mentre la natura prende il sopravvento grazie ad abili giochi di colore, sfumature, macchie appena abbozzate. Conversazione campestre, opera di fine ‘800, riprende la sacralità del Concerto campestre e della Sacra Conversazione: tre donne in un bosco guardano in direzioni opposte, conversando con la natura più che tra di loro; il risultato è un’armonia cosmica in cui le tre protagoniste si fondono col paesaggio circostante, una sorta di “testamento spirituale” di Peretti. Un vero testamento – citato in una sezione della mostra – pubblicato a Domodossola nel 2011 sintetizza la poetica e la filosofia dell’artista, che nella seconda fase della carriera si concentra sulla scrittura e mette in piedi una biblioteca esoterica e teosofica composta da una serie di testi piuttosto rari e complessi.
Talvolta le opere sono quasi abbozzate, si distingue il contesto naturale ma non i soggetti. Altre volte il non-finito è proprio una scelta artistica di Peretti, che lascia spazio all’interpretazione sebbene sia alle volte complicato riconoscere valli, colori e assonanze di una zona che lui in primis ha indagato, vissuto e sulla quale ha fatto ricerche per decenni. Nell’ultima sala, situata nello spazio ipogeo del museo, sono stati collocati alcuni disegni e bozzetti di Peretti, in cui troviamo rappresentazioni di soggetti della valle, balle di fieno, case di campagna, alberi.
Nella sala adiacente i soggetti si fanno più rarefatti, l’artista abbina la scrittura a piccoli schizzi in cui le scene sono poco chiare, creando ancora una volta un vero e proprio mistero, che motiva ancor di più la denominazione di una mostra la cui quasi totalità delle opere esposte contiene nel titolo parole quali bosco, paesaggio, alberi. Opere di piccolo formato, inadatte a qualsiasi tipo di esposizione o fiera. Peretti ha sempre e solo dipinto ciò che gli piaceva, come voleva, con uno stile non influenzato da movimenti o scuole di pensiero. Il mistero della sua pittura è svelato in una bella mostra che rivela aspetti sconosciuti di una persona, prima che di un artista, che finalmente potrà essere apprezzato anche dal grande pubblico.
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Lorenzo Peretti in mostra a Domodossola
Casa De Rodis ospita fino al 26 ottobre 2024 la mostra “Lorenzo Peretti (1871 – 1953). Natura e mistero”, organizzata dalla Collezione Poscio di Domodossola e curata da Elena Pontiggia
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