Un vero patrimonio economico ancora poco sfruttato: è il turismo enogastronomico che, secondo gli stessi operatori del settore, è “in grado di generare benefici di natura economica, culturale e sociale, poiché lo sviluppo di esperienze a tema cibo, vino e birra stimola il recupero e la valorizzazione del patrimonio enogastronomico locale e una maggiore consapevolezza, nella comunità locale e degli operatori, della sua importanza”. Affermazioni su cui, soprattutto in un Paese come il nostro che ha sempre vissuto sull’eccellenza enogastronomica, è difficile trovare da ridire. Eppure, la verità è che ancora oggi il settore non è sfruttato a dovere per attirare nuovi turisti. A dimostrarlo c’è lo studio “2019 State of the food travel industry report”, pubblicato dalla World Food Travel Association e curato da Roberta Garibaldi, membro del Board of Advisors e ambasciatore per l’Italia dell’Associazione. Un report secondo cui appare evidente quanto in questo ramo ci sia ancora del lavoro da fare. Solo la metà dei professionisti intervistati, infatti, si è dichiarata soddisfatta di come le destinazioni stiano utilizzando le sicuramente abbondanti e ottime risorse enogastronomiche per attrarre i turisti. Uno studio che ha coinvolto ben 71 esperti di turismo enogastronomico di 25 nazioni chiamati a esprimere la propria opinione sull’argomento, evidenziando alcune criticità come la difficoltà delle piccole e medie imprese a mantenersi competitive sul mercato, la possibile saturazione dell’offerta o la globalizzazione delle esperienze turistiche. Secondo Roberta Garibaldi, per valorizzare al meglio il nostro turismo enogastronomico, dovremmo puntare su alcuni temi chiave, come “l’autenticità delle esperienze, la salvaguardia del paesaggio gastronomico e lo stretto legame tra turismo enogastronomico e cultura”.
[Fonte: AdnKronos]