PELLEGRINAGGI: QUANDO IL VIAGGIO È QUESTIONE DI FEDE

Oggi portare in giro i pellegrini per il mondo significa anche tener conto degli equilibri geopolitici e dell’attualità internazionale. Non sorprende, perciò, vedere sulla scrivania di monsignor Remo Chiavarini, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi, un libro sulla storia della Turchia, il Paese che ha appena visitato con una delegazione del clero romano guidata dall’arcivescovo Angelo De Donatis, vicario del Papa per Roma. «La visita ha rappresentato un momento molto bello all’insegna della fraternità, soprattutto nell’incontro che abbiamo avuto con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I», racconta Chiavarini. «La nostra visita si è svolta in un periodo cruciale per la Turchia, Paese chiave negli equilibri mediorientali. Non a caso negli stessi giorni del nostro pellegrinaggio si è svolto l’incontro fra il presidente turco Erdogan, il presidente russo Putin e quello iraniano Rouhani».
L’Opera romana pellegrinaggi è la struttura del Vicariato di Roma che dal 1934 offre assistenza tecnica, logistica e spirituale ai pellegrini che vogliono visitare i luoghi più significativi della fede cristiana, dalla Terra Santa ai grandi santuari mariani come Lourdes e Fatima. Monsignor Chiavarini, che preferisce farsi chiamare don Remo, è marchigiano di Sassoferrato, ha 65 anni e quando lascia l’ufficio di via della Pigna, a due passi dal Pantheon, torna a fare il prete alla parrocchia di San Clemente, nel quartiere di Montesacro.
Don Remo, si ricorda quando ha partecipato per la prima volta a un pellegrinaggio?
«Sì, ero studente in seminario e a Pasqua mi offrii di accompagnare i gruppi di pellegrini dell’Opera, così andai a Lourdes in treno. Ricordo una Messa molto emozionante nella basilica sotterranea».
Poi ne ha fatti altri?
«Sì, sono stato accompagnatore dei gruppi per diversi anni. Ricordo viaggi a Lourdes, anche con il treno bianco dei malati, e viaggi in pullman, ma allora si diceva torpedone, in Austria».
Da allora come sono cambiati i pellegrinaggi?
«Oggi i voli aerei a basso costo hanno cambiato tutto. L’aereo ha portato tanti miglioramenti e ha velocizzato i tempi, però la qualità dell’esperienza del pellegrinaggio si è un po’ impoverita. Ci si incontra negli aeroporti, che sono dei non luoghi tutti uguali nel mondo, poi in poche ore si viene catapultati in un posto. I tempi della convivenza si riducono e prevale l’esperienza individuale, anche se i nostri viaggi sono ancora fatti in gruppo e per noi è molto importante mantenere questa caratteristica».
Quali sono i luoghi più amati dai pellegrini?
«La Terra Santa, Lourdes e Fatima monopolizzano il 90 per cento dei pellegrinaggi. In ciascuno di questi luoghi portiamo ogni anno circa 4 mila persone. In Italia quelli più frequentati sono Loreto, Assisi, Padova, Pompei, ma lì i pellegrini e le parrocchie si organizzano da soli. C’è poi il caso di Medjugorje, una meta che attrae sempre più pellegrini. Noi non proponiamo nel nostro catalogo pellegrinaggi diretti a Medjugorje, ma a quelle parrocchie e a quei gruppi che ci chiedono un aiuto offriamo il nostro supporto da un punto di vista tecnico e religioso, in modo tale da garantire un adeguato accompagnamento che serva a vivere un’esperienza di fede autenticamente ecclesiale».
In luoghi così affollati come i santuari, magari deturpati da brutti edifici moderni, si riesce a vivere ancora un’esperienza di fede?
«È un rischio reale. A Lourdes, ad esempio, si percepisce un efficientismo che a molti pellegrini trasmette una sensazione di aridità. A Fatima, invece, si respira una maggiore spiritualità ».
Ricordo una Via Crucis a Gerusalemme con i vostri pellegrini scortati dai militari israeliani con il mitra spianato. Il pellegrinaggio in Terra Santa va sempre bene, nonostante le tensioni nella regione?
«La Terra Santa cominciò il suo boom dopo il viaggio di Paolo VI nel 1964, un gesto che fu davvero profetico e che spinse molti cristiani a intraprendere il pellegrinaggio nei luoghi di origine della loro fede. Nonostante i problemi che a volte ci sono, la gente non rinuncia a questo viaggio, che rimane un’esperienza forte, di gruppo, lunga otto giorni, di grande arricchimento culturale e spirituale. Un fenomeno interessante di questi ultimi tempi è il boom dei pellegrini cinesi in Terra Santa. Sono in crescita vertiginosa, grazie ad accordi con le autorità israeliane e grazie soprattutto alla spinta del mondo pentecostale, che in Cina sta facendo molti proseliti».
I cristiani in Terra Santa stanno diminuendo, i pellegrinaggi li confortano?
«Sì, i viaggi dei pellegrini sono un motivo di speranza e anche di aiuto per le attività economiche dei cristiani che sono rimasti in Medio Oriente. Però queste comunità cristiane non devono restare inermi e vivere di rendita, contando sui flussi di pellegrini. Dovrebbero darsi da fare e stare in piedi da sole, altrimenti rischiano di essere travolte dalle altre comunità. Il cristianesimo in quei luoghi deve restare una presenza viva, il rischio è che restino solo i monumenti».
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