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L’edizione critica delle “Lettere” di Rosmini

Un progetto culturale dal respiro internazionale che prevede il recupero di numerosi testi del beato tutt’ora inediti, per un totale di 30 volumi e circa 11mila lettere

L’aria o il cielo terso ci sembra ad oggi l’immagine più appropriata per riassumere il dipanarsi definitivo nel tempo della figura del beato Antonio Rosmini (1797-1855). È ora cominciata per il Roveretano - soprattutto post-beatificazione avvenuta il 18 novembre 2007 a Novara alla presenza di circa 8 mila fedeli - dopo quella dell’offesa e della difesa, l’epoca della raccolta fruttuosa. Si, perché in un’epoca come l’attuale, caratterizzata da smarrimento e confusione, la figura del filosofo Rosmini illumina, secondo la profetica previsione del poeta Clemente Rebora, «il bisogno di una sicura e fedele e orientante voce attuale, Rosmini, della perenne dottrina della Chiesa nel mistero del Cristo: della dottrina, e della sua incomparabile ragionevolezza vittoriosa, davanti a tutte le crescenti esigenze e attuazioni umane; e che appunto per questa Sua mira il Signore abbia permesso, oltre che a purificarlo e a far meglio rifulgere l’esempio eminente e commovente della sua santità». 

E ora a supporto delle crescenti esigenze umane e continue ricerche di esempi dal forte richiamo educativo è stato dato il via alla nuova pubblicazione dell’edizione critica delle Lettere di Rosmini. Un progetto e un’operazione dall’immenso valore culturale dal respiro internazionale, - prevede il recupero di molte lettere del beato Rosmini, tutt’ora inedite, per complessivi trenta volumi e per un totale di circa undicimila lettere - maturato negli ultimi anni sotto l’egida della Curia Generalizia dell’Istituto della Carità (Padri Rosminiani), il Centro Internazionale di Studi Rosminiani (Stresa), Archivio Storico dell’Istituto della Carità, Archivio e Biblioteca Casa Rosmini di Rovereto, in collaborazione con l’Istituto di Studi Filosofici (Roma), e con il contributo finanziario anche della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. 

L’impresa editoriale fa capo all’Università di Genova: Pier Paolo Ottonello, il direttore generale; Luciano Malusa, direttore scientifico; Paolo De Lucia, coordinatore dell’apparato storico-testuale, più un nutrito gruppo di giovani collaboratori a partire da Natascia Poloni, Simone Eros Beduschi, Samuele Francesco Tadini (nonché segretario dell’Edizione critica), Marcello Bonazza, Eleonora Bressa e Stefania Zanardi. 

Il primo volume contiene 151 lettere composte fra il 2 giugno 1813 e il 19 novembre 1816 mentre il secondo volume raccoglie 172 lettere riguardante il periodo 27 novembre 1816 dicembre 1819. «La nuova edizione completa e critica, prevedibilmente consterà di una trentina di volumi. Teniamo presente che le lettere di Rosmini costituiscono tra l’altro quasi un “diario” dell’intero suo percorso, dai sedici anni sino alla morte, essendo in media nientemeno che quasi trecento all’anno», spiega Ottonello. Certo immaginare un giovane Rosmini, impegnato a letture sterminate con la dedizione particolare allo scrivere, usando ai tempi inchiostro e penna d’oca, cosa avrebbe potuto fare ai nostri giorni avendo a disposizione strumenti come computer, internet, Facebook, Twitter ed altro. 

«L’ambizione letteraria convive con lo scopo comunicativo. Le lettere giovanili rosminiane sono quindi fondamentalmente uno strumento di scambio di emozioni, e progetti, di intuizioni speculative e religiose e di inquadramenti di propositi. Le lettere del giovane Rosmini non hanno intenzionalmente un fine intimistico della propria anima. Non sono l’inizio della stesura di un “romanzo dell’anima”, come sembra abbia invece voluto fare il giovane Leopardi con le proprie lettere», dice Malusa. «L’esordio di Antonio Rosmini-Serbati negli scambi epistolari avvenne nell’ambiente degli studenti che, nel periodo 1813-1816, frequentarono le scuole ginnasiali pubbliche roveretane dapprima, e poi la scuola liceale privata diretta da Pietro Orsi. L’esercizio epistolare rosminiano coinvolge diversi giovani e si compiace, in primo luogo, di essere una ricerca della purezza linguistica, e dell’eleganza nello stile, e si orienta ad essere stimolo alla crescita intellettuale e morale», sottolinea invece Zanardi. 

A riprova che la rinascita italica del pensare nei primi decenni dell’Ottocento non è affatto legata al kantismo come vuol far credere una certa storiografia. «Le lettere del primo periodo attestano pienamente la radicale infondatezza, almeno in rapporto al Roveretano, che non fu lo studio di Kant, cioè, ad accendere in Rosmini la vis speculativa. Occorre pensare, piuttosto, ad una sorta di fecondazione reciproca, operante tra le istanze oggettivistiche del platonismo perenne, e le prospettive scritturistiche circa la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, esplicitantisi nell’alta parola dell’evangelista Giovanni», afferma De Lucia. 

«Certamente l’epistolario di un autore è sempre molto utile, soprattutto come strumento da affiancare alle opere dello stesso e alla consueta letteratura critica. È difficile, tuttavia, prevedere che un epistolario come quello rosminiano possa facilitare l’avvicinamento di un numero maggiore di lettori; non si dimentichi che molte lettere sono vere e proprie trattazioni teoretiche di altissimo profilo filosofico, per cui molte lettere risultano di difficile comprensione per un pubblico poco o per nulla abituato alla lettura di speculazioni metafisiche di alto profilo. Già in passato gli stessi padri rosminiani avevano scelto di realizzare un Epistolario Ascetico di Rosmini, estraendo dal poderoso Epistolario Completo solo quelle lettere che avrebbero potuto fornire un adeguato strumento formativo per chiunque avesse desiderato affrontare quella specifica tematica, perché consapevoli del fatto che moltissime tematiche sarebbero rimaste per molti pressoché incomprensibili. Non dimentichiamoci mai che l’epistolario rosminiano resta un monumento di “santità intelligente”!», spiega Tadini. 

Ed è così che rifulge incoraggiati da Papa Benedetto XVI: «La virtù della carità in tutte le sue dimensioni e ad alto livello, ma ciò che lo rese maggiormente noto fu il generoso impegno per quella che egli chiamava carità intellettuale, vale a dire la riconciliazione della ragione con la fede. Il suo esempio aiuti la Chiesa, specialmente le comunità ecclesiali italiane, a crescere nella consapevolezza che la luce della ragione umana e quella della Grazia, quando camminano insieme, diventano sorgente di benedizione per la persona umana e per la società». 

Edizione critica e nazionale delle Lettere di Antonio Rosmini, edizioni Città Nuova vol. 61 - Lettere I, pagine 552 e vol. 62 - Lettere II, pagine 434 e in fase di completamento il vol. 63 -Lettere III, a cura di Luciano Malusa e Stefania Zanardi

fonte: Vatican Insider