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Il boom del turismo religioso


A caccia del sacro vicino casa. Sono i 2 milioni e 300 mila italiani che alle mete internazionali e consolidate del turismo religioso (Lourdes, Fatima, Medjugorje, Santiago de Compostela, Czestochowa) preferiscono i luoghi della devozione popolare d'Italia. Magari più piccoli, meno conosciuti, meno frequentati. Si incamminano per decine di chilometri lungo mulattiere medievali, visitano santuari mariani e fonti di acque considerate miracolose, compiono percorsi notturni di preghiera in sentieri sterrati a imitazione di santi e beati. Fede nascosta in provincia La ricerca del sacro della porta accanto crea il boom del pellegrinaggio "glocal". 

«L'offerta religiosa nazionale può contare su oltre 1.500 santuari, 30 mila chiese, 700 musei diocesani, migliaia di monasteri e conventi», documenta l'Isnart, l'istituto di ricerche turistiche. È la fede nascosta dei pellegrinaggi "minori". Accanto ai più celebri luoghi dello spirito (Loreto, San Giovanni Rotondo, il Santo di Padova, Caravaggio), il sacro cammino include località poco note ma collegate dalla fama secolare di santità. È il fiume carsico della religiosità popolare, sopravvissuta alle tempeste del postconcilio, che non conosce crisi e accomuna un popolo variegato, non facilmente classificabile e soltanto in parte sovrapponibile a quello dei regolari frequentatori delle parrocchie. Un tam tam che unisce, per esempio, il monastero di Sant'Antonio in Polesine o il convento riminese di Santa Croce alle tappe della via Francigena nei mille chilometri dal Gran San Bernardo a Roma. 

«Ai grandi numeri dei classici pellegrinaggi all'estero preferisco, la scoperta di piccoli tesori di spiritualità dove il raccoglimento mi è più semplice e l'incontro con il sacro a portata di mano», spiega Marina Bertolucci, 62 anni, appena rientrata dalla Madonna dello Splendore, il santuario di Giulianova, in provincia di Teramo, dove secondo la tradizione nel 1557 sgorgò una fonte di acqua miracolosa tuttora venerata sotto l'altare maggiore. I coniugi umbri Ubaldo Dolciotti e Silvana Sacchi si incamminano ogni estate in un frammento diverso della Via Lauretana e rendono omaggio ai modelli di santità che sentono più congeniali. 

«Macerata, Tolentino, Camerino, Spello, Colfiorito, Assisi: ogni tappa è una sorpresa - raccontano. Abbiamo iniziato quattro anni fa e per una settimana d'estate percorriamo le orme di San Francesco. Un immenso patrimonio di fede, arte e cultura che non figura nei cataloghi dei tour operator ma riempie il cuore di bellezza e serenità». Come i pellegrini del '500 Bellezza dei paesaggi e dei luoghi, pietre che trasudano storia e spiritualità. Una fede semplice che non dimentica il contatto con un sacro fatto di luoghi da visitare mettendosi in cammino. Lo scrittore Sandro Mancinelli ha raccolto in una guida "Acque miracolose d'Italia" (edizioni Segno) un centinaio di «luoghi toccati dal cielo in cui nei secoli, dalla val d'Aosta alla Sicilia, fonti d'acqua prodigiosa hanno curato ferire del corpo e dello spirito», come la Madonnina di Colere, vicino Bergamo, Nostra Signora del Bosco, nella diocesi di Chiavari, la Visitazione di Casanova Lerrone, in provincia di Savona, il santuario della Foce a Sarno, il Santissimo Rosario di Tagliavia a Monreale. 


La metà dei pellegrini che imbocca le strade minori del pellegrinaggio ha tra i 30 e i 50 anni e viaggia in compagnia del partner o con la famiglia. Gli altri si muovono da soli o con un gruppo di amici. Ha scelto la comitiva una trentina di residenti nei comuni dell'Umbria e delle Marche che la Stampa ha incontrato mentre pianificano la loro staffetta dal Piemonte al Lazio sulle orme degli antichi pellegrini della Via Francigena. «Ogni tratto è una pagina di fede e tradizione - sottolinea Elisabetta Nagliati, impiegata 35enne -. Mi sono indirizzata tra il colle del Monginevro e la riva destra della Dora Baltea per dedicarmi soprattutto al santuario romanico della sacra di San Michele e alla Precettoria di Sant'Antonio di Ranverso, dove nel Medio Evo trovava ricovero chi per fede si metteva in cammino verso la città eterna». Carla Buratti e Giulia Marzoni, invece, trascorreranno le loro "vacanze spirituali" tra la basilica di Santa Caterina su lago di Bolsena e la Rocca dei Papi di Montefiascone. 

«Nei santuari più affollati non è sempre facile raccogliersi in preghiera e meditare- raccontano -. Noi siamo uscite dalle rotte consuete del turismo religioso e abbiamo calibrato il pellegrinaggio sui nostri interessi culturali e sulle nostre esigenze spirituali».Dello stesso gruppo fanno parte Elisa Franzoni e Milena Chiarotti: sulla Cassia, da Vetralla a Veio, faranno tappa in suggestivi luoghi dello spirito come la chiesa del Piano a Capranica, dove è custodita l'immagine ritenuta miracolosa della Madonna col Bambino e il santuario del Sorbo edificato sei secoli fa dai monaci carmelitani sul luogo di un'apparizione mariana. A far appassionare Attilio Frattesi e Laura Fascioli al "camminar pregando" è stato il pellegrinaggio notturno a piedi che si svolge nella capitale ogni sabato da aprile a ottobre. In cammino di notte Un altro appuntamento romano ormai divenuto tradizionale. Partenza a mezzanotte da Porta Capena e arrivo dopo cinque ore al Divino Amore. 

Attraverso l'Appia Antica, l'Ardeatina e le catacombe di San Callisto, il viaggio nel cuore cristiano di Roma approda al santuario a Castel di Leva. In modo analogo tra recita dei Misteri, atto di consacrazione alla Madonna, benedizione con l'acqua lustrale e rinnovo delle promesse battesimali, ogni anno dal 1978, 80mila persone camminano da Macerata a Loreto, l'ultimo sabato dell'anno scolastico. Un fiume ininterrotto di persone cammina tutta la notte, attraversando paesi dove le famiglie del luogo lasciano le loro case aperte e con la luce accesa per permettere di usare il bagno o per trovare un po' di ristoro. 

«È nato come gesto di ringraziamento degli studenti alla Madonna- afferma il vescovo Giancarlo Vecerrica, che ha ideato la marcia -. Si incontrano tanti ragazzi che non frequentano né parrocchie né associazioni o movimenti cattolici. Quest'anno ha partecipato al cammino anche una campionessa di volley russa: "Sono atea ma sono venuta qui per vedere Dio nel volto di chi crede", mi ha confidato. Per intercettare la domanda di senso e di vita, bisogna sentirsi coinvolti». Quindi, aggiunge Vecerrica, «percorrere i sentieri della fede crea senso di appartenenza e aiuta a sconfiggere quella solitudine che contraddice il significato del cristianesimo», così «i pellegrinaggi richiamano sempre più gente anche in luoghi isolati o sconosciuti perché rappresentano un'esperienza di popolo, creano un'unità e permettono a ciascuno di sentirsi coinvolto in un avvenimento, parte di una storia collettiva».

Camminare, raggiungere una meta con un po' di fatica, portare davanti a un'immagine sacra, in un luogo legato a qualche evento miracoloso, le proprie preghiere o le proprie domande, spesso i propri affanni e le proprie preoccupazioni. È un'esperienza che coinvolge tante persone documentando che il senso religioso e il pellegrinaggio non sono affatto scomparsi nella società liquida e secolarizzata. Le linee di Francesco Papa Francesco ha uno sguardo positivo su queste devozioni. Nell'esortazione "Evangelii gaudium", la road map del suo pontificato, scrive: «Nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si è incarnata in una cultura e continua a trasmettersi». 

Si tratta, secondo il Pontefice, di «una vera spiritualità incarnata nella cultura dei semplici. Non è vuota di contenuti, bensì li scopre e li esprime più mediante la via simbolica che con l'uso della ragione strumentale». Ed è «un modo legittimo di vivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesa, e di essere missionari; porta con sé la grazia della missionarietà, dell'uscire da se stessi e dell'essere pellegrini: il camminare insieme verso i santuari e il partecipare ad altre manifestazioni della pietà popolare, portando con sé anche i figli o invitando altre persone, è in se stesso un atto di evangelizzazione. Non coartiamo né pretendiamo di controllare questa forza missionaria!». 

Francesco aggiunge: «Per capire questa realtà c'è bisogno di avvicinarsi ad essa con lo sguardo del Buon Pastore, che non cerca di giudicare, ma di amare... Penso alla fede salda di quelle madri ai piedi del letto del figlio malato che si afferrano ad un rosario anche se non sanno imbastire le frasi del Credo; o a tanta carica di speranza diffusa con una candela che si accende in un'umile dimora per chiedere aiuto a Maria, o in quegli sguardi di amore profondo a Cristo crocifisso». Parole che suonano come linee guida sulla devozione popolare. 

«Chi ama il santo Popolo fedele di Dio, non può vedere queste azioni unicamente come una ricerca naturale della divinità», spiega Jorge Mario Bergoglio, che la settimana scorsa, dopo l'Angelus, ha salutato a San Pietro «il gruppo di pellegrini che hanno percorso a piedi la Via Francigena da Siena a Roma» e ieri «i membri dell'associazione francese Roulons pour l'Espoir, venuti in bicicletta da Besançon». A giudizio del Pontefice,«nella pietà popolare, come frutto del Vangelo inculturato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l'opera dello Spirito Santo. Piuttosto, siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla per approfondire il processo di inculturazione che è una realtà mai terminata. Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci». cLiturgia, boom ortodosso a Bari La presenza dei fedeli russi a Bari è la più numerosa del mondo ortodosso. «Il pellegrinaggio dalla Russia unisce Oriente e Occidente cristiano», concordano cattolici e ortodossi. Le reliquie di San Nicola sono state da poco riportate a Bari. 

Ricevuto a San Pietroburgo dal patriarca di Mosca, Kirill, l' arcivescovo di Bari, Francesco Cacucci ha presentato la richiesta del sindaco Antonio Decaro e del governatore della Puglia, Michele Emiliano: «È loro desiderio consegnare le chiavi della città di Bari. Ciò significa consegnare il cuore, gli affetti, ad una persona cara». Al Patriarcato di Mosca è anche destinata la Chiesa russa che sorge a Bari. Il Patriarca Kirill si è detto «riconoscente e colpito per ciò che ha ascoltato». 

Bari è il ponte tra «i 2 polmoni della cristianità»,come diceva Karol Wojtryla. E Kirill prega perché la città diventi sempre più «luogo di mediazione». Nel capoluogo pugliese i pellegrini russi celebrano la liturgia nella cappella con l'iconostasi della cripta, all'intero della Basilica di San Nicola. Ai lettori Assieme all'Italia che funziona c'è anche un'Italia che non va. Segnalate tutto ciò su cui a vostro avviso vale la pena di indagare scrivendo a: inchieste@ lastampa.it (Giacomo Galeazzi, Andrea Tornielli - La Stampa)