Ethos e norma nel pensiero del Beato Antonio Rosmini

Generalmente un beato viene ricordato per il suo amore a Dio ed alla Chiesa. Ed è vero. Ma Antonio Serbati Rosmini (1787-1855), oltre ad essere stato un innamorato di Cristo è stato anche un sacerdote (1821) ed un uomo che ha operato sulla cultura del suo tempo.  In queste brevi righe, vorremo non solo celebrare una memoria ma attualizzare una presenza, nel nostro mondo culturale e sociale, sottolineando il contributo che questo straordinario studioso, ha lasciato, con il suo pensiero, nella società contemporanea.
Antonio Rosmini, è vissuto in un secolo particolare: a cavallo fra il settecento e l'inizio dell'ottocento. Si interessò, con sua opera, del mondo cattolico e culturale, che stava attraversando con il suo procedere un difficile percorso, anche per differenti leggi che ne limitavano la portata e ne rendevano precaria l'azione. Di questa imperante secolarizzazione il Rosmini se ne accorse ed intuì, con provvida e lungimirante azione, che l'unico modo di combattere l'errore era quello di usare la ragione per portare l'uomo a Dio.Fides et Ratio erano i binari sui si deve muovere l'affettività per condurre l'uomo  a Dio.
Tanta era la stima di cui godeva presso la Sede Apostolica che dal Papa Pio VIII, in un udienza nel 1829, ebbe la missione di dedicarsi alla scrittura e di pensare a testi che  aiutassero l'uomo alla comprensione delle realtà intellettuali e religiose. E qui non è difficile scordare la Filosofia del diritto, leCinque piaghe della Chiesa Cattolica, le Massime di perfezione cristiana. Per Rosmini, il rapporto, strutturale ed ontologico, fondante nell'esperienza umana è quello che lega Dio all'uomo e da questo sorge il bene, che la creatura può compiere nel mondo. Senza questo legame non si potrebbe esternare l'effetto benefico, in quanto mancherebbe quella spinta affettivaed intellettuale a realizzare il Regno dei cieli, già in terra. Il pensiero dominate del sacerdote, in filosofia ed in  teologia, ruota intorno al concetto di Dio e di ciò che ha lasciato all'uomo, per realizzare il suo disegno di amore. In questo percorso l'uomo seguendo la ragione arriva al Creatore e da questo punto si riversa sul mondo, attuando l'insegnamento evangelico nella realtà sociale. Chi conosce ama e chi ama vive ciò che Dio, gli chiede. Si parte dall'uomo per  arrivare a Dio e da questo si riscende nell'azione sul mondo. Il senso della ricerca è Dio e l'oggetto di questo rapporto,  metafisico ed essenziale, è l'uomo stesso, il quale amato da Dio, riceve tutto. 
La sua riflessione giuridica, la quale emerge nella Filosofia del diritto (1845), parte dalla conoscenza dell'uomo del  vero Bene, quale paradigma assoluto di verità, che se conosciuta consente all'uomo di attuare leggi giuste e vere. La norma non è paradigma astratto di regole sociali ma contenuto esplicitante del verum et boum. Non ci dev'essere antitesi fra affermazioni contraddittorie, ma superamento di questioni attraverso il ricorso alla Verità che è chiamata ad illuminare la Giustizia in quanto animata dalla spirito dei richiamati principi. In questa ricerca egli aspira a creare giuristi, consapevoli dell'utilità della legge, nell'esternazione delle fattispecie concrete a cui questi sono tenuti a confrontarsi. Tali posizioni non conducono solo all'etica , intesa in senso di giusto metro, ma conducono l'uomo alla Verità dell'essere presente, nel contenuto che la norma è tenuta ad inseguire, nel proprio percorso di ricerca.
Ma occorre ricordare qui non solo le altissime e profondissime doti intellettuali di cui è stato ripieno ma soprattutto i suoi talenti di autentico cattolico. Di fronte alle incomprensioni ed alle difficoltà affrontate, ha sempre manifestato un'invidiabile serenità. Anche una missione diplomatica, nel 1848, per conto di Carlo Alberto, nella quale aveva profuso le sue doti, non produsse i frutti sperati. Il Rosmini sapeva bene che è Dio che scrive la storia, non l'uomo. Sul punto, nelle Massime di perfezione cristiana scrive: “mantenersi in perfetta tranquillità circa tutto ciò che avviene”. Non lo ha solo scritto, lo ha vissuto. Papa Benedetto XVI nel 2010 ha adornato questo eccezionale innamorato di Cristo del titolo di beato. Un aneddoto: pur sempre preso in una frenetica attività di studioso e di ricercatore, a chi bussava alla sua porta, per qualunque necessità anche materiale, rispondeva con l'accoglienza di una madre ed interrompeva il suo lavoro. Qui la parola tace, parla solo il cuore.